WindTre a bordo di Fibercop: questa la novità annunciata come indiscrezione dal Sole 24 Ore secondo cui la compagnia guidata da Jeffrey Hedberg sarebbe in trattativa per un accordo di partnership alla stregua di quelli che vedono in campo Tiscali e Iliad e quindi non nel ruolo di azionista come Fastweb. Se l’accordo dovesse concretizzarsi di fatto all’appello mancherebbe solo Vodafone che al vanta un accordo con Open Fiber dal 2019.
Secondo quanto riferisce il quotidiano di Confindustria WindTre sceglierebbe Fibercop in alternativa a Open Fiber, un’ipotesi irrealistica a giudicare da come si sta evolvendo il panorama delle partnership. Tutte le telco stanno di fatto siglando accordi “paralleli” sia con Fibercop sia con Open Fiber a seconda dei piani di ampliamento delle reti nelle aree nere e anche in quelle grigie e bianche. Fastweb, ad esempio, nonostante sia azionista di Fibercop con il 4,5% del capitale, vanta un accordo anche con Open Fiber siglato nel 2019 per l’accesso reciproco alle infrastrutture di rete nelle aree nere ed anche in quelle bianche.
Iliad ha siglato l’accordo con Fibercop lo scorso agosto dopo quello già siglato con Open Fiber con la quale partirà inizialmente l’avventura dello sbarco nel mercato del fisso (l’offerta sarà annunciata il 25 gennaio). Anche Tiscali ha un accordo forte con la wholesale company guidata da Mario Rossetti, al timone dopo il passaggio di consegne delle quote di Enel a Macquaire e Cdp (rispettivamente al 40% e al 60% nella società), nonostante sia stato il primo operatore (al netto di Fastweb) a siglare un patto con Fibercop, la compagnia guidata da Carlo Filangieri. E si sta progressivamente allungando la lista delle partnership messe a segno sia da Fibercop sia da Open Fiber con le telco regionali o di piccole dimensioni. Di fatto si sta creando un ecosistema attorno alle due wholesale company sulle quali restano puntati i riflettori nell’ambito del progetto di rete unica di cui si discute da mesi.
Tim e il piano industriale: due società separate?
In casa Tim il direttore generale Pietro Labriola – che con tutta probabilità assumerà le redini della telco in qualità di amministratore delegato dopo l’uscita di scena di Luigi Gubitosi – sta lavorando al piano industriale che sarà svelato a inizio marzo e che stando a indiscrezioni va in direzione di un nuovo assetto societario che vedrebbe Tim “suddivisa” in due macro-società in cui far confluire rispettivamente reti e servizi ossia asset hard & soft. Il tutto propedeutico a una successiva integrazione degli asset di rete di Tim e Open Fiber, anche in considerazione della presenza di Cdp in entrambe le società.
Intanto oggi il titolo Tim è stato sospeso per eccesso di volatilità. Alla riapertura il calo ondeggia attorno ai cinque punti percentuali a 0,416 euro. Consistenti gli scambi: quasi 140 milioni di azioni passate di mano. Barclays ha diminuito il target price da 0,45 a 0,27 euro sostenendo che Tim sta fronteggiando un deterioramento del contesto competitivo in Italia. Aggiornate al ribasso le stime di ricavi, margini e utili per i prossimi esercizi.