FOCUS/1 Il Cipe chiamato alla prova della verità

Pressione delle associazioni imprenditoriali e dei consumatori: “Sbloccate i fondi del piano Romani”

Pubblicato il 23 Nov 2009

Non resta che aspettare. Ma non molto. Il prossimo Cipe è atteso
per inizio dicembre. Con tutta probabilità i fantomatici 800
milioni di euro (fondi Fas 2007-2013) per il Piano Romani-Brunetta
anti digital divide, non arriveranno in blocco ma una prima tranche
potrebbe finalmente essere sbloccata. Presumibilmente un terzo
dell’ammontare totale, ossia 250 milioni di euro, su o giù di
lì. Che sommandosi ai 200 milioni già in dotazione a Infratel ed
ai 50 milioni nelle casse delle Regioni permetteranno di mettere in
moto la macchina broadband, che potrà contare, fra l’altro, su
un potenziale di ulteriori 350 milioni messi a disposizione dalla
Ue per il divario digitale nelle zone rurali.

Ad accreditare l’ipotesi dei fondi a tranche – ossia del già
ribattezzato Piano B – le dichiarazioni del vice ministro allo
Sviluppo economico responsabile delle Comunicazioni Paolo Romani
“Per lo sviluppo della banda larga in Italia mancano gli 800
milioni stanziati in Finanziaria. Ma per ora va bene che ce ne
diano anche solo un terzo entro la fine dell’anno”.
Tre i ministri del governo Berlusconi che più stanno facendo
pressing su Tremonti per lo sblocco dei fondi. Pressing che si è
fatto stringente a seguito delle esternazioni del sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta: “i soldi arriveranno
solo alla fine della crisi”. In prima fila, oltre a Romani, ci
sono il ministro per la PA e Innovazione Renato Brunetta – il quale
ha bisogno della banda larga per l’attuazione del Piano E-gov – e
il ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola, che in questi
giorni, non solo si è fatto “portavoce” del governo in merito
alla questione dei fondi, tornandoci su un giorno sì e l’altro
pure, ma ha anche giocato il ruolo di paciere soprattutto fra
Brunetta e Tremonti.

Il primo, agguerritissimo, è pronto a fare dura battaglia in
Consiglio dei ministri pur di ottenere ciò che gli spetta (per
l’attuazione del Piano e-gov). “Se qualcuno non vorrà la banda
larga –  il riferimento al ministro dell’Economia è più che
evidente, ndr –  in Cdm si discuterà anche ferocemente”, ha
dichiarato Brunetta nei giorni scorsi mandando a dire al primo
inquilino di via XX Settembre che “la banda larga vale 30mila
piccoli cantieri aperti, 60mila artigiani e piccole imprese in
attività. Vuol dire traffico virtuale e modernizzazione”. 
“Il Governo finanzierà la banda larga entro la fine dell’anno
– assicura però Scajola – La banda larga è un investimento
prioritario da portare avanti. Berlusconi ne è convinto e io ne
sono convinto”. Sulla questione della banda larga si sono spesi
in questi giorni moltissimi parlamentari. E a parte le scontate
guerriglie politiche fra opposizione e maggioranza, questa volta
sembra aver prevalso lo spirito bipartisan. Al punto che una
squadra di parlamentari ha presentato una mozione per chiedere
l’immediato sblocco dei fondi congelati: fra i firmatari figurano
Paolo Gentiloni e Michele Meta del Pd, Luca Barbareschi, Mario
Landolfi e Beatrice Lorenzin del Pdl, Roberto Rao e Maurizio
Compagnoni dell’Udc, Alessandro Montagnoli della Lega, Massimo
Donadi dell’Idv e Rita Bernardini della componente radicale nel
Pd.
Compatti, per una volta, anche industria, sindacati e associazioni
del comparto Ict. Gabriele Galateri di Genola, delegato di
Confindustria per lo sviluppo della banda ha assicurato che
“Confindustria continuerà a sostenere la priorità del Piano
anti-digital divide per l’importante impatto anticiclico che esso
può avere nel breve periodo”. Secondo Galateri gli investimenti
nella banda larga, oltre a produrre benefici economici a livello di
Sistema Paese – “sappiamo che ogni euro investito nella banda
larga ne produce almeno due di aumento di attività economica e di
Pil” – consentirebbero di riattivare la filiera dell’Ict e
gli stessi investimenti delle aziende in innovazione.

Sull’importanza del broadband per le aziende, il presidente di
Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici (Csit) Stefano
Pileri, puntualizza che “Internet in Italia viene usato al 66%
dalle imprese, di conseguenza il danno maggiore dal digital divide
è per il mondo delle aziende”. Da parte sua il presidente di
Anfov, Achille De Tommaso, sottolinea che “la bassa efficienza
delle nostre aziende è dovuta allo scarso utilizzo di sistemi
informativi avanzati, a sua volta riconducibile soprattutto alla
mancanza di infrastrutture a banda larga”.  E il presidente di
Assintel Giorgio Rapari, pur riconoscendo che “la coperta della
finanza pubblica è corta” ritiene che la lotta al digital divide
debba essere considerata una priorità strategica, “perché un
Paese arretrato tecnologicamente è irrimediabilmente penalizzato
nello scenario competitivo globale”.  Confcommercio, infine,
sostiene che “non solo lo sblocco dei fondi contribuirebbe a
rendere le nostre imprese più competitive sul mercato, ma
contribuirebbe a creare  nuovi posti di lavoro”.

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