La Fondazione Ugo Bordoni è un"'Istituzione di Alta
Cultura e Ricerca”, recita il sito Internet dell’istituto
presieduto da Enrico Manca. Quel che non si scrive nel sito, però,
è che la Fondazione sta vivendo una specie di crisi di identità.
Al punto che circola con sempre maggiore insistenza la voce che
essa possa perdere la sua autonomia e finire direttamente sotto il
controllo del ministero dello Sviluppo Economico.
Anche perché fra i soci fondatori dagli interessi eterogenei
(Ericsson, Fastweb, Poste Italiane, Telecom Italia, Telespazio,
Terna, 3 Italia, Vodafone, Wind), c’è chi si sta chiedendo quale
possa essere il senso di stare in un’istituzione dal passato
prestigioso nel settore delle telecomunicazioni (porta il nome di
uno dei precursori delle tlc italiane, fondatore e presidente della
Stet per oltre vent’anni), che sforna studi e analisi
dall’indubbio valore scientifico, ma che oggi offre ben pochi
servizi interessanti per le aziende private che la finanziano.
In tempi di tagli ai bilanci, inoltre, non è facile spendere per
la gloria o per supportare studi e competenze sulle aree che vedono
maggiormente impegnata la Fondazione (come elaborazione dei segnali
audio-video, qualità dei servizi Ict, sicurezza Ict, tecnologie
per le nuove reti), ma che non sempre sono collimanti con
l’interesse diretto delle imprese associate.
Tant’è che le aziende private stanno mostrando sempre meno
convinzione nel continuare a finanziare l’attività della
Bordoni, almeno con la stessa generosità che in passato. È così
che più di qualcuno avrebbe stretto i cordoni della borsa, se non
addirittura chiuso il portafoglio.
Non bastano certo i numerosi seminari organizzati dalla Fondazione
a giustificarne l’esistenza e, soprattutto, a reggerne
economicamente l’attività. Tanto più che occasioni come il
centenario marconiano non si presentano tutti gli anni. Villa
Griffone di Pontecchio Marconi è certamente una sede di prestigio
dal grande valore simbolico oltre che storico, ma ha le sue
esigenze. Così come le hanno, giustamente, la novantina di
dipendenti.
Ed infatti, la Fondazione ha tirato avanti, in particolare negli
ultimi tempi, soprattutto grazie ad “appalti” del ministero
delle Comunicazioni prima e dello Sviluppo economico poi. Ad
esempio, alcuni anni fa è stata la Fondazione a far girare per
l’Italia i suoi pulmini per controllare i livelli di emissione
degli impianti per la telefonia cellulare così da rassicurare gli
italiani, preoccupati dall’elettrosmog.
Più di recente, sempre alla Fondazione il ministero ha assegnato
un ruolo importante nel monitoraggio della transizione al digitale
terrestre. Così come sarà uno strumento messo a punto dalla
Bordoni a monitorare la qualità dei servizi Adsl in Italia.
Ultima in ordine di tempo, sorprendendo un po’ tutti, è arrivata
la decisione di assegnare alla Fondazione la tenuta del “Registro
delle opposizioni”, l’elenco che raccoglierà i nomi degli
abbonati che non desiderano essere contattati via telefono per
scopi commerciali, promozionali o per ricerche di mercato.
Più che da ragioni di “Alta Cultura e Ricerca”, la scelta pare
motivata dall’esigenza di trovare un escamotage che aiuti la
continuità operativa della Fondazione. Ma a questo punto, ci si
sta chiedendo, non varrebbe la pena di togliere il velo e ripensare
del tutto a organizzazione e ruolo della Bordoni, magari portandola
all’interno di un ministero dove già opera l’Istituto
Superiore delle Telecomunicazioni?