L’Italia ha tempo fino al 22 aprile per inviare a Bruxelles l’ultima e definitiva versione dell’Accordo di partenariato che tenga conto dei rilievi evidenziati dalla Commissione europea.
Secondo la Commissione Ue nel pianoci sono lacune e incongruenze rispetto ai parametri comunitari. Lo schema d’interventi previsti, inoltre, apparirebbe ancora troppo frammentario. “Manca l’affermazione di una regia nazionale”, è l’accusa di Bruxelles. Che, tra le altre cose, imputa alle autorità italiane un eccessivo margine d’indeterminatezza sulle motivazioni, gli obiettivi e le tempistiche delle azioni per la banda larga. E spunta anche un richiamo “a migliorare l’Agenda digitale nazionale”, di fianco ad una sostanziale valutazione negativa sull’attuale piano Piano Strategico Banda Ultralarga.
Il verdetto è messo nero su bianco nella missiva al governo italiano datata 10 marzo – e visionata dal Corriere delle Comunicazioni – con cui la Commissione smonta da cima a fondo l’intero impianto dell’Accordo di Partenariato italiano. Vale a dire il documento strategico nel quale, alla stessa stregua degli altri stati membri, il governo del Belpaese è chiamato a illustrare gli indirizzi che guideranno l’impiego dei fondi strutturali europei – in larga parte gestiti dalle regioni – per la programmazione finanziaria entrante.
Bruxelles solleva ben 351 rilievi al testo inviato lo scorso 9 dicembre dall’allora Ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia. E chiede di riscriverne o integrare ampie porzioni. A cominciare da quelle che interessano l’utilizzo dei 3,6 miliardi di euro (50% europei e 50% nazionali e regionali) destinati al Belpaese nel quadro dell’Obiettivo Tematico 2 della nuova politica di coesione comunitaria (Migliorare l’accesso alle TIC, nonché l’impiego e la qualità delle medesime) e suddivise in interventi per PA digitale, banda larga e sviluppo della domanda.
Secondo la Commissione in tutti e tre gli ambiti “manca una strategia globale volta ad affrontare le carenze in termini di infrastrutture, contenuti e servizi”. Sul banco degli imputati, come aveva del resto anticipato in gennaio il sito di AgendaDigitale.eu, è l’assenza di un piano nazionale per l’uso dei fondi europei per il digitale. L’Italia, scrive la Commissione, “dovrebbe affermare una regia nazionale col compito di coordinare e guidare l’attuazione di tutte le azioni relative all’Ict per l’attuazione sia delle misure di espansione delle Ngn che della Strategia di Crescita Digitale”. Il sottinteso è che l’impostazione adottata sino ad oggi, e incardinata su una pluralità di piani regionali, si è rivelata poco efficiente.
Le osservazioni di Bruxelles colpiscono al cuore anche il complesso d’interventi diretti ad accorciare il digital divide. “Non si affronta adeguatamente il divario relativo all’infrastruttura di banda larga ad alta velocità”, taglia corto la Commissione, “né vengono indicate le azioni più opportune per raggiungere i target di 30 e 100 Mbps”. Peggio, il traguardo dei 100 Mps non verrebbe proprio preso in considerazione dal documento italiano, mentre sui 30 Mbps mancherebbero riferimenti chiari agli “obiettivi e le relative tempistiche”.
Ancora, Bruxelles domanda chiarimenti sugli interventi “relativi all’e-Government e all’e-Procurement” ed esige sostanziali integrazioni e migliorie su quelli in materia di “e-Skills, professionisti dell’Ict, e-Learning, commercio elettronico, e-Culture, turismo, agricoltura e Tic nelle imprese”. “Il documento italiano – secondo l’Esecutivo europeo – non considera le competenze informatiche come competenze chiave per migliorare l’occupazione nonostante la loro importanza nell’attuale contesto economico”.
Ce n’è anche per l’Agenda digitale italiana: “Si richiama l’attenzione sulla necessità di migliorare l’attuale progetto, che dovrebbe essere modificato alla luce delle osservazioni della Commissione”. Mentre l’attuale Piano Strategico Banda Ultralarga (malgrado fosse stato autorizzato dalla stessa Commissione Ue) “non può essere considerato un piano coerente con i criteri” comunitari dettagliati nei regolamenti sulla politica di coesione 2014-2020. Al governo Renzi toccherà dunque raddrizzare il tiro. La Commissione Ue attende una versione rivista dell’Accordo di partenariato entro l’estate.