E’ “indispensabile” che il cda di Telecom Italia “sia presieduto da un soggetto indipendente, meglio se selezionato tra i membri eletti nella lista di minoranza” per “assicurare ai soci e al mercato la massima imparzialità” e “stimolare il management a orientare le proprie scelte sempre e solo nell’interesse di tutti gli azionisti”. E’ quanto ha chiesto Marco Fossati, in una lettera inviata ieri al cda e diffusa oggi, nell’ambito del processo di riforma della governance della società, in vista dell’assemblea di aprile che dovrà nominare il nuovo consiglio.
Constatando che non ci sono oggi le condizioni per trasformare Telecom, come avrebbe voluto in prima istanza, in una public company Fossati evidenzia almeno delle ”raccomandazioni minime”. Tra queste l’aumento del numero degli amministratori indipendenti, “affinché la maggioranza del cda sia composta da indipendenti”; il rafforzamento dei requisiti di indipendenza; l’introduzione di adeguati requisiti di professionalità e, nello specifico, “potrebbe essere previsto che almeno un terzo dei consiglieri dovranno avere specifica esperienza manageriale esecutiva in imprese nel settore delle tlc, media o IT”; il rafforzamento della presenza degli indipendenti nei comitati e “adeguati sistemi organizzativi tesi ad assicurare che le delibere di rilevanza strategica siano adottate a seguito di adeguata istruttoria e di parere favorevole degli indipendenti”.
Inoltre, nell’ambito di un processo organico di riforma della governance “sarebbe necessario introdurre, mediante modifiche statutarie, almeno le seguenti regole: nomina automatica alla carica di presidente del cda per il capolista della lista più votata; meccanismo di voto di lista con proporzionalità pura per la nomina degli amministratori; rafforzamento dei requisiti di indipendenza dei consiglieri.
Telco, che detiene il 22,4% di Telecom, è partecipata, in termini di diritti di voto, da Telefonica con il 46,18%, da Intesa Sanpaolo e Mediobanca con l’11,62% ciascuna e da Generali con il 30,58%. Le regole in vigore prevedono che i quattro quinti del consiglio vengano nominati dalla lista di maggioranza.