La minaccia di scorporo della rete come extrema ratio avanzata ieri dal premier Enrico Letta nel caso in cui gli obiettivi posti sulla banda larga dall’Ue per il 2020 non dovessero essere raggiunti, rappresentano “parole molto pesanti, difficili da interpretare. Da chi si trova nella cabina di controllo, avrei preferito sentir parlare di un piano industriale”. Lo ha affermato il Presidente di Findim, Marco Fossati, durante un’intervista esclusiva concessa a Class-Cnbc.
“Credo sia inopportuno dire che ci sarà uno scorporo nel momento in cui non venissero sostenuti investimenti per le Ngn. Dopotutto, Telecom Italia è un’azienda privata e non vedo quale influenza il Governo possa avere in questa società, in questi termini”.
Secondo il numero uno di Findim “le risorse per creare una rete Ngn possono essere sicuramente sviluppate all’interno di Telecom, che dispone di tutte le tecnologie per poterlo fare. Ci potrebbe essere anche un apporto della CdP per velocizzare questo sviluppo e un eventuale piccolo aumento di capitale che potrebbe dare una mano per accelerare ulteriormente. Il tutto senza alterare quelli che sono gli equilibri della società”.
In Telecom Italia “oggi manca sicuramente una visione. Manca da tempo – evidenzia Fossati – da quando è stata costituita Telco non c’è mai stata una chiara visione di che cosa si volesse per questa società. Mancano visione e piano industriale”. In questo contesto il ruolo di Findim è dare spunti e linee guida all’attuale management e al Cda per la creazione di valore della società”.
“Se ci fosse trasparenza, vorrei capire se esiste un progetto sincero che veda Telecom Italia come centro d’interessi da valorizzare – prosegue il managenr – Vedo azionisti sconcertati dalla mancanza di trasparenza e da eventuali conflitti d’interesse relativi a come gestire l’azienda. Vorrei anche capire la posizione del Governo che non chiarisce la situazione di una Telco che di fatto gia’ oggi e’ sotto il comando di Telefonica”.
“Nessuno è contro Telefonica ma vorremmo che chiarissero quale è la loro visione: a quanto mi risulta, la loro visione piu’ speculativa sarebbe quella di risolvere il problema sudamericano eliminando dal mercato il quarto concorrente, vale a dire Tim Brasil”, potendo sfruttare nel contempo “sinergie enormi dalla loro presenza nel Paese attraverso Vivo”.
“At&t è molto interessata a Telefonica, ha già provato a comprarla e ci riproverà ricorda Fossati – Una Telefonica maggiormente indebitata potrebbe essere un boccone amaro: lanciare un’ops su Telecom Italia e accollarsi il suo debito potrebbe quindi essere da parte degli spagnoli una sorta di mossa difensiva. Avrebbero ovviamente un problema con i loro azionisti ma sul lungo termine potrebbe essere comunque una buona mossa in chiave difensiva. Lanciando un’Ops Telefonica potrebbe a sua volta spalmare il proprio debito su Telecom Italia, e in questo caso avrebbe un’altra convenienza ancora. I giochi sono tanti”.
Tornando al progetto per Telecom, l’esperienza di “Vito Gamberale porterebbe molto a questa società”. Secondo Fossati “ci vuole un manico per l’esecuzione di un Piano e sicuramente il Fondo II potrebbe fare la sua parte in quanto è uno strumento abituato a investire in infrastrutture. E’ il loro mestiere”.
Sul tema governance, altro tema sensibile per Telecom, per il manager è arrivato il momento di scoprire le carte. ”Auspico e mi aspetto che giovedì arrivi in Cda una proposta e si verifichi chi è a favore e chi contro – dice – Al di là dell’analisi auspico arrivino con una proposta in vista della riunione del board del 6 febbraio”.
La possibilità di avere un cda limitato a 11 membri indipendenti con tre rappresentanti delle minoranze “cambierebbe relativamente la situazione, sarebbe un segnale ma non sufficiente per cambiare l’attuale situazione di conflitto di interesse – precisa – Noi abbiamo messo a disposizione i nostri avvocati, non vogliamo criticare, vogliamo trovare situazioni al problema, loro hanno i mezzi per poter trovare una soluzione e limitare il conflitto interesse”. Qualora si riuscisse davvero a creare una public company “sarebbe un cambio epocale”, commenta Fossati. A capo di questa ipotetica società ad azionariato diffuso vedrebbe “il migliore che c’è sul mercato. Chiunque possa dimostrare di essere all’altezza”.
Infine il commento all’offerta di Sawiris. ”Perché Sawiris non compra sul mercato? – si chiede – Aumenti non sono necessari”. La proposta del magnate egiziano è di investire nel gruppo attraverso un aumento di capitale da 3-4 miliardi. Solo su due aspetti Fossati dà ragione a Sawiris, quando dice che le condizioni alle quali investirebbe sono non vendere Tim Brasil e senza Telefonica.
”Il valore di Telecom sta in Tim Brasil e nel renderla contendibile – spiega – Se di aumento di capitale si vuol parlare, quale necessità per accelerare gli investimenti dell’agenda digitale, basterebbe apportare Metroweb in natura, sarebbe già un’accelerazione e quello che serve ancora lo si potrebbe introdurre gradualmente”.
“Chiunque voglia investire in Telecom Italia è il benvenuto”, ha detto ancora Fossati, aggiungendo tuttavia che “non è il benvenuto chi cerca di fare affari a scapito di altri”. Telecom Italia “dovrebbe pensare più in termini di aumento di capitale riservato a chi può apportare attivi o asset, in modo da creare ulteriore valore per l’azienda”.
Per Fossati una Telecom Italia eventualmente privata del suo asset brasiliano “diventerebbe poco appetibile agli occhi degli investitori, soprattutto in considerazione del fatto che non è contendibile”. “Che necessità e che fretta c’è di vendere Tim Brasil, quando la societa’ ha una crescita annua quasi a due cifre?”, si domanda polemicamente Fossati, ricordando che se per Telecom Italia “il problema è il debito (28 miliardi, ndr), stiamo dimostrando di riuscire a ripagarlo grazie ai flussi di cassa e le necessita’ sono comunque coperte per i prossimi due anni”. Senza contare, conclude il patron di Findim tornando a ragionare sulla partecipata carioca, “che Tim Brasil opera in un mercato di quasi 200 milioni di persone: anche se il Pil pro capite è più basso” di quello italiano, “opera in un mercato emergente”, quindi con potenzialità molto più elevate.