WIFI

Frequenze 5 Ghz, il caso sul tavolo del Mise

Gli uffici di largo Brazzà al lavoro sull’utilizzo dello spettro “unlicensed” dopo l’allarme lanciato da Assoprovider. Sì o no ai “ponti radio” con le frequenze libere?

Pubblicato il 13 Ago 2014

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Wifi e frequenze 5 Ghz, a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni gli uffici del sottosegretario Antonello Giacomelli sono al lavoro per preparare una nota di replica all’allarme fatto scattare nei giorni scorsi da Assoprovider. Secondo l’associazione il ministero dello Sviluppo punta a rivedere in senso “restrittivo” le norme per l’uso dello spettro “unlicensed” per la fornitura di banda larga wireless. Se così fosse, denuncia il presidente dell’associazione, Dino Bortolotto, verrebbero messe “a rischio oltre 1.000 aziende” e si prospetterebbero danni “per un milione di clienti”.

Il nodo del contendere è l’utilizzo di alcune porzioni di spettro non licenziato per fare wifi. Finora il “canale” storicamente più usato era a 2,4 Ghz. Più recente l’utilizzo delle frequenze a 5 Ghz: un utilizzo spinto dalla sempre maggiore diffusione di apparecchi in grado di diffondere e ricevere segnale su queste frequenze (iPad & Co). Ebbene su questo fronte, secondo Assoprovider, il ministero starebbe cambiando approccio: “Sconcertante” commenta l’associazione, che “dopo quasi dieci anni di investimenti e maturazione di un mercato ormai solido, si metta in discussione “la liceità dell’uso delle frequenze libere per la creazione di reti di comunicazione pubbliche”.

Le attività degli Isp messe in discussione non sarebbero tanto i collegamenti per ampliare reti wifi. Quanto la possibilità, per le aziende, di realizzare ponti radio (collegamenti punto-punto) in quelle bande di frequenza. Finora possibilità consentita, dicono ad Assoprovider, dal decreto Landolfi del 2005. Ma l’associazione teme che oggi, a 11 anni distanza, e con il mutato orizzonte tecnologico e di mercato, la questione venga rivista. Contro le richieste degli Isp potrebbero giocare una serie di fattori: la necessità di una potenza più elevata degli apparati per poter coprire distanze più lunghe, caratteristiche di apparati e di antenne diverse da quelle previste dalla normativa.

Secondo alcuni osservatori (per esempio la Wireless Broadband Alliance) quella dei 2,4 Ghz è una banda “congestionata”. Il “passaggio” ai 5 Ghz è una naturale alternativa spinto dall’utilizzo sempre più massiccio di “apparecchi 5 Ghz”: smartphone e tablet. C’è molta attenzione su questo punto anche perché entro il 2018 il 52% dei dati mobili sarà scaricato via wifi (previsioni Cisco). Addirittura, la Commissione europea stima che già oggi il 71% del traffico dati in mobilità venga scaricato via wifi. L’utilizzo delle varie porzioni di frequenza per il wifi è dunque al centro di studi in ambito anche europeo. Organismi di standardizzazione puntano a normare la “nuova” fascia di frequenze: non tanto, però, per utilizzo in reti “metropolitane” quanto per reti locali, e non a vasto raggio.

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