SPETTRO RADIO

Frequenze, caos sistemico: ecco i nodi sul tavolo di Monti

L’emendamento cancella il beauty contest ma non scongiura le incognite: dagli incerti incassi dalla gara al rischio di conflitto con i Paesi confinanti per il mancato coordinamento. Serve una “review” anche per lo spettro radio

Pubblicato il 26 Apr 2012

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Serve allargare la visuale per comprendere le polemiche e le incertezze sulle frequenze tv italiane, degli ultimi giorni. E, soprattutto, per provare a risolvere i problemi alla radice. Il dilemma del quinto multiplex di Mediaset, sbucato di colpo dalle frequenze per la mobile tv (vedi articolo), è figlio infatti del generale caos che regna nello spettro italiano. È necessaria una spectrum review, subito. Altrimenti emergeranno sempre nuovi problemi e si perderanno opportunità per le casse dello Stato e per l’innovazione. È in realtà un tema noto, su cui il Corriere delle Comunicazioni è stato precursore ed è un punto sostenuto, da tempo, dai massimi esperti del settore tra cui Antonio Sassano, della Sapienza di Roma. Ma la novità è che solo adesso è esploso in tutta la sua evidenza: la malattia che covava è maturata in sintomo ineludibile. Lo provano i tanti nodi che attanagliano lo spettro italiano, per colpa di una cattiva gestione passata.

Frequenze digitale terrestre

Il nuovo problema sono le incognite della futura asta del digitale terrestre (700 Mhz), varata con il recente emendamento al decreto fiscale. Potrà mai avere un buon incasso, visto che Mediaset ha poco interesse a parteciparvi, forte com’è di una frequenza a 600 MHz molto buona per farci il digitale terrestre?

E ci sono anche altre ombre. Pende ancora il ricorso di Telecom Italia Media per aver avuto un multiplex in meno nello switch off (frequenza 734-742 MHz). Rai soffre di alcune interferenze con le tivù locali (in certe regioni); una delle sue frequenze ha una copertura limitata.

Resta inoltre la questione delle tivù locali, che in alcune regioni adesso hanno meno della quota di frequenze che spetta loro (metà di quelle detenute dalle emittenti nazionali).

La futura asta dovrà tenere conto di tali questioni e forse, cercare i primi rimedi. Anche perché le proteste delle tivù locali rischiano di avere un impatto a catena sul lancio della banda larga mobile Lte (possono ritardare la liberazione dei canali 61-69 nella banda 790-862 MHz, rispetto alla scadenza di fine dicembre).

Nei prossimi anni i problemi televisivi rischiano di aggravarsi, se non affrontati subito. Per esempio: non c’è stato un adeguato coordinamento internazionale sulla banda 700 MHz e quindi dal 2015 ci potranno essere interferenze causate dai Paesi che già le useranno per la banda larga mobile (Nord Africa).

Banda larga mobile futura

Inoltre il 2015 è anche la data entro la quale, secondo l’Europa, dovremmo trovare un ulteriore GHz per la banda larga mobile.

L’emendamento è un passo nella giusta direzione perché già prevede di assegnare alle tv per un periodo limitato parte delle frequenze (quelle nella banda 700Mhz che dal 2015 potrà essere assegnata, secondo le decisioni dell’Itu, alle comunicazioni elettroniche). Così lo Stato potrà assegnarle presto in una futura asta tlc (non più tardi del 2018; ma forse anche prima se il traffico mobile continua a crescere a questi ritmi). Anche questo passaggio presenta però una grave incognita: quanto dovrà pagare lo Stato per ottenere la liberazione di questi canali da parte delle Tv? E inoltre: chi garantisce che vengano effettivamente liberate? Un rischio che in realtà potrebbe essere scongiurato procedendo subito (per le frequenze in 700Mhz) a una gara aperta alle Tlc. Lo suggeriscono alcuni esperti. Anche l’economista Tito Boeri su Twitter suggerisce: " Perché aspettare tre anni per fare una vera asta (con anche operatori Tlc) delle frequenze Tv? I tecnici non devono rinviare ai posteri".

Ma i problemi non finiscono qui: gli esperti hanno segnalato che nella banda 400 MHz e 3-10 GHz ci sono probabilmente frequenze male utilizzate, che potrebbero essere censite e poi messe all’asta.

Non basta quindi affrontare i singoli problemi man mano che emergono: lo spettro italiano continuerà a regalarne tanti, finché non sarà meglio analizzato e ri-pianificato. Sarebbe proprio questo lo scopo dello spectrum review: per eliminare le incertezze e ridurre i contenziosi, sia nel mondo della tivù sia in quello della banda larga mobile, ormai strettamente connessi da un pugno di frequenze. Ne risulterà un bene per i mercati, per le casse dello Stato e per l’innovazione.

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