Il Berec non vuole diventare un’istituzione dell’Ue e aprire le porte alla “peer review” delle politche sullo spettro degli altri paesi: lo ha indicato lo stesso Berec dopo l’ultima riunione plenaria in cui ha adottato la sua Opinione sul nuovo Codice per le comunicazioni elettroniche in discussione a Bruxelles e in cui la Commissione europea aveva proposto di rendere il Berec un’istituzione. L’agenzia, che riunisce i regolatori europei delle comunicazioni elettroniche, ha spiegato che ciò creerebbe più costi e al tempo stesso rischierebbe di limitare l’indipendenza dei regolatori nazionali.
Il Berec si è detto pronto a sostenere le diverse proposte della Commissione contenute nel nuovo Codice; in particolare, si legge in una nota, il Berec “supporta la proposta armonizzazione delle competenze di base per i regolatori indipendenti e il rafforzamento degli obblighi di indipendenza”. Tuttavia, continua il gruppo, “la proposta di trasformare il Berec in un’agenzia Ue vera e propria non solo rischia di accrescere il peso della burocrazia e il costo della regolamentazione europea in ambito telecom, ma mina i benefici del proposto rafforzamento dell’indipendenza a livello nazionale”.
In particolare, l’ipotesi che i regolatori all’interno del Berec agiscano anche svolgendo una “valutazione delle decisioni sulle assegnazioni di spettro degli altri regolatori” sarebbe un sovraccarico burocratico e tali revisioni potrebbero avvenire “solo su base strettamente volontaria e limitatamente ad allocazioni di spettro con alto impatto sul mercato o sulle politiche Ue”.
Il Berec riconosce che è giusto cercare un incremento di efficienza del gruppo, ma ciò “non richiede una modifica dell’attuale equilibrio delle istituzioni in cui il Berec ha lavorato con successo negli scorsi sette anni”.