Si è conclusa l’asta per le frequenze iniziata un mese fa. È
stato messo a gara un “pacchetto” di 255 MHz, collocati in vari
punti dello spettro elettromagnetico e in parte provenienti dal
cosiddetto dividendo digitale. Le frequenze più appetibili sono
risultate quelle nella banda intorno a 800 MHz, seguite da quelle
nella banda a 2600 MHz: entrambe sono finite nelle mani degli
operatori telefonici, che le utilizzeranno per le future
generazioni di comunicazioni mobili a elevate velocità (4G e Lte).
L’incasso totale è vicino ai 3,95 miliardi di euro.
Un risultato a doppia faccia
Il risultato è ottimo, perché genera incassi e soprattutto
perché libera risorse frequenziali sottoutilizzate. Indica, però,
anche uno squilibrio inaccettabile tra operatori televisivi e altri
soggetti (operatori telefonici in questo caso). Le frequenze
intorno a 800 MHz sono pressoché identiche a quelle che stanno per
essere assegnate agli operatori televisivi. Gratuitamente e tramite
un “concorso di bellezza” (beauty contest).
Fare due conti è utile. Le frequenze 4G, da sole, hanno incassato
2.962.300.000 euro, ovvero poco meno di 50 milioni per MHz. Nel
penultimo rilancio, H3G, poi battuta definitivamente da Wind dopo
più di trecento tornate di gara, aveva messo sul piatto
467.500.000 euro per 5MHz accoppiati. Di frequenze di quel tipo non
ce n’erano più, per cui Wind offrendo di più ha vinto e H3G ha
perso.
E sfilarne qualcuna alle reti nazionali? Ogni multiplex televisivo
occupa lo stesso spazio frequenziale che H3G non è riuscita a
ottenere. Ci sembra che H3G abbia perlomeno segnalato che aveva in
mente di farne qualcosa di quelle frequenze – adesso invece è un
operatore azzoppato rispetto ai suoi rivali e si parla anche di una
sua uscita dal mercato. Oppure, senza discriminare nessuno, non
sarebbe ancor meglio fare una gara aperta a tutti, sia agli
operatori telefonici sia a quelli televisivi e, come si dice,
“vinca il migliore”?
E invece no. Le Tv continuano a pagare zero o cifre irrisorie per
le frequenze. Moltiplicano a dismisura i canali che possono
trasmettere, con contenuti che a dire il vero non si vedono.
Resta il nodo del pluralismo. Noi di “bellezze” al beauty
contest ne abbiamo viste ben poche. Oltre ai soliti noti, c’è
Prima Tv di Tarak Ben Ammar e soprattutto c’è Sky Italia, che è
ben posizionata per ricevere un multiplex. Ci sembra una magra e
ironica consolazione salutare Rupert Murdoch, visto come il fumo
negli occhi da Mediaset, come il salvatore del pluralismo
nazionale, ben sapendo i seri problemi che il suo giornalismo sta
causando nel Regno Unito.
*Professore Ordinario di Economia all'Imperial College
London e all'Universita' di Roma "Tor Vergata".
Research Fellow del Cepr di Londra e membro della Competition
Commission (UK)
L'articolo è stato tratto dal
sito www.lavoce.info