Gli operatori di telecomunicazioni dicono no a un trattamento
differenziato per l'assegnazione delle frequenze digitali
rispetto ai broadcaster televisivi. Secondo Renato Soru, numero uno
di Tiscali, "è ora di dare le frequenze a tutti gratis o a
tutti a pagamento, ed è ora di realizzare la convergenza tra rete
mobile e rete fissa".
Tra l'altro, ha sottolineato Soru, la risposta secondo cui la
tv è servizio pubblico non è sensata perché, ha osservato,
"molte tv non le guarda nessuno". Senza dimentica, ha
chiuso Soru, che c'è anche un problema di risorse finanziarie:
"Io – ha rilevato – rappresento una società senza soldi, che
però non vuol dire senza opportunità e senza posti di
lavoro".
Sulla stessa linea d'onda il presidente di Telecom Italia,
Gabriele Galateri di Genola, che considera
"condivisibile" questo punto di vista: "Sul fatto
che le frequenze messe all'asta dovrebbero essere gratuite sono
d'accordo. Le frequenze – ha aggiunto – sono indispensabili per
gestire lo sviluppo e bisogna che l'asta si faccia. E'
comunque ovvio che meno si paga meglio è, al fine di realizzare
gli investimenti".
Intervenendo al convegno organizzato da Business International
sulla questione si è espresso anche Vincenzo Novari,
amministratore delegato di H3g: "Non si capisce perché per le
telecomunicazioni le frequenze sono a pagamento e per la tv, per
definizione, sono gratuite". Gli operatori di
telecomunicazioni si riferiscono all'asta per le frequenze Lte,
destinate al loro settore, da cui il Governo si aspetta di ricavare
2,4 miliardi mentre è attesa anche la gara secondo il beauty
contest (con una valutazione non a seconda dell'offerta
economica ma a seconda dell'offerta qualitativa) e
l'assegnazione dei cinque multiplex in digitale destinati ai
gruppi televisivi.
Che l'asta per le frequenze, sia un tema molto delicato è
stato evidenziato anche dal commissario dell'Autorità per le
Tlc, Stefano Mannoni, che ha definito l'impegno
"l'incombenza più terrificante" che è stata
assegnata all'organismo regolatore, anche perché, ha
sottolineato, "abbiamo 600 tv locali che godono di una
protezione feroce" e "il Tesoro vuole fare cassa, e
questo è sacrosanto". Secondo Mannoni, poi, "con
l'asta non si deve correre il rischio di riproporre squilibri
concorrenziali".