Frequenze tv al broadband, ecco la roadmap che gioca d’anticipo

Broadcaster locali, nazionali e operatori: potrebbe mettere tutti d’accordo la proposta lanciata da Sassano, consulente Agcom che punta a raggiungere prima del 2015 le richieste della Ue

Pubblicato il 28 Lug 2010

Frequenze alla tv o frequenze alle telecomunicazioni? Nonostante
l’agosto incipiente metta in stand by lo scontro in atto in
Italia riscaldato dalla pronuncia della Ue sulla “discesa” di
Sky sul campo del digitale terrestre, emittenti e istituzioni sono
a lavoro per la ripresa settembrina, quando sarà più chiaro il
quadro della situazione e si comincerà a parlare nuovamente della
prima asta del settore: quella per il dividendo esterno cui
potrebbe partecipare anche la tv di Murdoch. Nel frattempo non si
placa la tensione fra le locali che affilano le armi dei ricorsi
contro il Piano frequenze che le vede assegnatarie dei canali dal
61 al 69, riservati alla futura riallocazione per il broadband
mobile, e che rivendicano un maggior numero di frequenze.

Una strettoia che potrebbe però essere superata, secondo il
consulente di Agcom Antonio Sassano, con una roadmap in grado di
consentire, anche prima del 2015 (data indicata dalla Ue),
l’utilizzo della banda 800 MHz per la banda larga.

La premessa è la limitazione al 2015, come previsto dal Radio
Spectrum Policy Group, dell’utilizzo televisivo della banda
800Mhz. Non devono essere assegnate alle tv locali le frequenze
della banda 800 MHz nelle “white area”, ovvero le fette di
territorio rese inutilizzabili, per alcune frequenze, dallo schema
di “ri-uso” (per ciascuna frequenza vengono alternate aree di
uso e non-uso evitando in questo modo interferenze in bacini di
utilizzo adiacenti), adottato dal Piano frequenze allo scopo di
garantire la realizzazione di almeno 13 multiplex per area tecnica:
le frequenze nelle “white area” generano coperture tv limitate
mentre sono più “fisiologicamente” adatte ai servizi di
telefonia mobile.

Le tv avranno la possibilità di moltiplicare per 3 il numero di
programmi pur risparmiando frequenze: gli altri 3 multiplex (con il
digitale la moltiplicazione è di 1 a 6) potranno essere liberati e
monetizzati: la rinuncia al “fattore 6” sarà finanziata dai
ricavi dell’asta. Oltretutto, il futuro passaggio al Dvb-T2 (la
Gran Bretagna lo adotterà dal 2012) porteranno a più di 20 i
programmi irradiabili su un singolo multiplex. 

L’assegnazione dello spettro (occupato e libero) deve avvenire
con un’asta a rilanci competitivi analoga all’asta tedesca che
ha fatto incassare allo Stato 3 miliardi e mezzo.

L’attuale tariffa per l’uso dello spettro, corrispondente
all’1% del fatturato, deve essere sostituita da tariffe
amministrative incentivanti per l’uso dello spettro televisivo a
carico di tutti i broadcaster televisivi: tariffe, cioè,
proporzionali alla quantità di spettro occupata e non al
fatturato.

Si deve consentire immediatamente l’uso mobile delle frequenze
nelle aree libere. Infine, dev’essere lasciata alla trattativa
tra vincitori dell’asta e operatori Tv l’eventuale liberazione
anticipata dello spettro nelle aree occupate.

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