Sarà una lunga estate calda, per le frequenze italiane sugli 800 Mhz. Le più preziose per l’Lte, quelle che gli operatori di Tlc si sono aggiudicate, insieme ad altre porzioni di spettro, con l’asta di settembre. Ma ancora occupate dalle emittenti locali. Tra il ministero dello Sviluppo economico e le associazioni delle Tv è in corso una battaglia con i giorni contati: si concluderà il 31 dicembre. Per quella data le 9 frequenze (i canali dal 61 al 69) dovranno essere restituite chiavi in mano allo Stato che a sua volta le consegnerà ai legittimi proprietari: Telecom Italia, Vodafone, Wind che le utilizzeranno per sviluppare le nuove reti mobili. Una partita che lo Stato non può permettersi di perdere: in ballo ci sono circa 2 miliardi, la cifra che le telco devono ancora sborsare (dopo l’acconto di settembre), ma che rischiano di saltare se l’impegno non sarà rispettato. Il gioco si fa duro, e se è vero che le Tv locali rialzano la posta tentando di strappare in corner condizioni più favorevoli, il ministero è pronto a far scattare le temute “misure coattive”: un bando definitivo con esclusione dei fuori graduatoria, fino alle tenaglie per spegnere gli impianti “renitenti”.
Siamo in pieno braccio di ferro. “Faccio una previsione – dice Maurizio Giunco dell’associazione Frt -: non prenderanno le frequenze entro il 31 dicembre, e nemmeno i 2 miliardi. Si scateneranno una serie di ricorsi che troveranno accoglimento perché i procedimenti sono a dir poco singolari. Credevano avremmo fatto la corsa per rilasciare le frequenze, non è stato così”. Tutti altri toni al dipartimento Comunicazioni di viale America. Dice Eva Spina, la dirigente che ha seguito fin dal suo avvio il processo di digitalizzazione della Tv: “Tutto procede secondo quanto previsto: e la legge dice che il 31 dicembre le frequenze torneranno libere”.
Il rompicapo riguarda solo una parte della Penisola: in Puglia, Abruzzo, Toscana, Calabria, tra le altre, i canali 61-69 sono già liberi: qui assegnazioni e switch off sono avvenuti dopo gennaio 2011, quando già l’asta Lte era stata prevista. Ma l’osso duro è un altro e riguarda proprio le regioni più attraenti per le telco: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, tra le altre. Tutte aree digitalizzate prima del 2011, quando ancora i canali 61-69 venivano regolarmente assegnati alle Tv locali dal ministero guidato da Paolo Romani. È su queste che la liberazione degli 800 Mhz va a rilento e che si gioca dunque l’ultima infuocata partita. Per liberarle lo Stato ha previsto delle misure compensative: 174 milioni da distribuire alle Tv disposte al “rilascio volontario”: in media un milione di euro per ogni emittente disposta a spegnere l’impianto situato su uno dei canali 61-69 (diverse le condizioni per chi rilascia l’impianto su altre frequenze). A chi non accetta verrà assegnata una frequenza di minor qualità mentre chi accetta, e incassa il denaro, può scegliere fra chiudere bottega o proseguire l’attività come fornitore di programmi (li farà veicolare da un terzo). Ed è su questo punto che le Tv alzano la posta. Dismettere l’infrastruttura significa rinunciare alla qualifica di operatori di rete con una conseguente doppia perdita secca: l’accesso ai contributi statali annuali (legge 448) prevista per gli operatori ex analogici (complessivamente circa 100 milioni annui di cui l’85% alle Tv, il resto alle radio). Ma soprattutto la possibilità di rivendere frequenze: ad altre emittenti, ma anche – in tempi di neutralità tecnologica e secondo quanto sarà stabilito dalle assegnazioni definitive delle frequenze – agli operatori Tlc. Per questo le associazioni chiedono, pur avendo rilasciato la frequenza, di poter mantenere lo status di operatori di rete accordandosi con terzi. Ma il ministero fa muro, così come per le altre condizioni richieste: due multiplex dell’ex beauty contest e la detassazione delle misure compensative. “Ci siamo scontrati con una serie di tecnicismi e contraddizioni che hanno di fatto ostacolato la strada al rilascio delle frequenze – dice Marco Rossignoli coordinatore Aeranti-Corallo -, e in questo senso il governo tecnico, non attuando scelte politiche, ha creato problemi più che trovare soluzioni”.
Si tratta adesso, per le Tv locali, di limitare i danni. Soprattutto con il nuovo bando per la riapertura, per 3 giorni, della presentazione delle domande per le misure compensative: un secondo giro prima del round finale. Molto rischioso però: se le 9 frequenze non saranno ancora liberate, è prevista una gara con pochi posti in palio e tanti impianti da spostare. E per chi rimane fuori nessun salvagente.