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5G, tempesta sugli operatori in Spagna. Stangata di Rajoy sulle tariffe delle frequenze

Il governo punta a fare cassa moltiplicando per 13 i prezzi dei diritti d’uso della banda 3,5 Ghz, considerata centrale nello sviluppo della tecnologia di prossima generazione. E pianifica per la prossima asta il “modello britannico” che costringe a forti rialzi. Levata di scudi delle aziende: “La pagheranno i consumatori”

Pubblicato il 07 Mag 2018

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Prezzi più alti di 13 volte per l’utilizzo della banda 3,5 Ghz: li pagheranno allo Stato spagnolo gli operatori mobili iberici che si preparano al 5G. Alle telco che si sono aggiudicate 200 Mhz nella banda 3,4-3,6 Ghz (Telefonica, Orange, Eurona, Iberfibra) sarà richiesto di sborsare complessivamente 217mila euro per ogni Mhz contro gli attuali 17mila.

Ma non è l’unica manovra sulle frequenze che il premier Mariano Rajoy ha in cantiere per arricchire le finanze spagnole: la prossima asta, non ancora calendarizzata – riguarda la fascia 3,6-3,8 Ghz – sarà strutturata su blocchi di 120 Mhz, contro gli 80-100 proposti dal regolatore e dagli operatori, costringendo così a forti rialzi sullo stesso modello che ha fruttato alle casse britanniche circa 1,5 miliardi di sterline (in Italia sono previsti blocchi più piccoli).

In particolare l’aumento delle tariffe che vuole la Spagna riguarda sia i 200 Mhz nella banda 3,4-3,6 Ghz già assegnati a marzo 2016, sia i 200 Mhz nei 3,6-3,8 Ghz che verranno messi prossimamente all’asta. Se approvate, le nuove tariffe scatteranno da settembre 2018.

La proposta ha scatenato l’alzata di scudi degli operatori. “Aumento sproporzionato – hanno detto al sito specializzato Policy Tracker -, così si compromettono i piani di investimento degli operatori. Le aziende hanno risorse limitate e quelle utilizzate per pagare nuove imposte dovranno essere compensate in qualche modo. Si rischia di ritardare l’arrivo del 5G”, oltre a determinare “prezzi più alti per i consumatori”.

La misura consentirebbe allo Stato di incassare fino a 78 milioni di euro mettendosi così al sicuro dai timori delle autorità sui danni provocati dall’evasione fiscale digitale: a febbraio il primo ministro Rajoy aveva promesso in questo senso una stretta: “Le imprese digitali pagheranno le tasse in Spagna, per attività svolte in Spagna, indipendentemente da dove hanno la sede”.

La banda 3,4-3,8 GHz viene considerata prioritaria per il 5G, anche nel piano nazionale spagnolo: a marzo 2016 ne erano  stati assegnati 200 MHz: quattro operatori (Telefonica, Orange, Eurona e Iberfibra, ex NeoSky) e il ministero della difesa spagnolo si sono aggiudicati 40 Mhz ciascuno.

Ma anche l’asta produrrà, nelle intenzioni del governo, un gettito alto: sia grazie ai blocchi “maxi”, sia grazie alla mossa sulle fee che attribuisce maggior valore alle frequenze. Gli operatori mobili saranno infatti costretti a offerte aggressive per la banda 3.6-3.8 GHz, in particolare Vodafone (unico grande carrier privo di frequenze nella porzione 3,4-3,8 GHz). Come scrive El País, se Telefonica e Orange, che hanno già 40 Mhz ciascuno, decidessero di fare offerte per gli altri 80 Mhz a cui hanno diritto (ricordiamo che il tetto è di 120 Mhz), costringeranno le società come Vodafone o MásMóvil ad aumentare considerevolmente l’offerta per non esser lasciate fuori.

Struttura delle aste e politiche dei prezzi per i diritti d’uso sono alla base di complesse strategie nazionali, in vista del 5G. La proposta spagnola insiste su una banda, la 3,5 Ghz, sulla cui gestione in Italia si sono confrontati a lungo governo, regolatori e aziende: gli attuali “occupanti” – Telecom, Aria, Linkem e Go Internet – hanno chiesto a Mise e Agcom una proroga di sei anni, fino al 2023. L’orientamento è per un “ok” agli operatori.

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