La salvezza di Nokia passa per i mercati emergenti. Ne è convinto
Paul Betts che sul Financial Times osserva al microscopio la crisi
che ha colpito la società, sottolineando che la casa finlandese
potrebbe puntare sui Paesi in di sviluppo per ridare fiato al suo
business. “Nokia, oltre a vantare ancora un 39% di market share
nel mercato mondiale degli smartphone gode di un grande vantaggio
nei mercati emergenti dove offre device performanti a basso
prezzo”.
Ma anche se l’asset di Nokia si dovesse spostare in larga parte
verso i Paesi emergenti, cosa accadrà se o quando quei consumatori
inizieranno a rispondere alle sirene di Apple, Google e Rim, come
è successo nel mercati maturi? Betts scommette che la casa
finlandese “è pronta a reinventarsi”.
Analizzando il warning sui conti che l’azienda ha fatto nei
giorni scorsi, Betts sottolinea che “la società finlandese ha
certamente provato a recuperare il ritardo con software e servizi
per vincere la gara con i sui rivali – riconosce Betts – ma
finora la sua nuova gamma di prodotti non è riuscita a conquistare
il mercato né tantomeno l’entusiasmo che i nuovi BlackBerry o
device Apple”. Secondo Betts, inoltre, i bassi prezzi applicati
dalla casa finlandese – il prezzo medio di un cellulare Nokia è
di 155 euro a fronte dei 400-500 euro che si pagano, ad esempio,
per un BlackBerry – avrebbe allontanato progressivamente i clienti
di fascia alta che, oggi, sono disposti anche a spendere molto pur
di avere il device che desiderano.
“Inoltre Nokia non ha messo sul mercato un dispositivo in grado
di competere realmente con l’iPhone o i prodotti Rim – ricorda
Betts -. Detto questo, però, l’azienda non è affatto
intenzionata ad arrendersi, e con questo si dovranno fare i
conti".