Connessioni ad Internet presto più lente in numerosi uffici pubblici? Almeno questo è lo scenario che secondo alcuni esperti potrebbe materializzarsi per effetto dell’ultimo bando della Consip destinato al rinnovo del sistema pubblico di connettività (SPC), e di cui proprio la scorsa settimana è stata pubblicata una prima graduatoria provvisoria. La gara del valore di 2,4 miliardi di euro per la fornitura dei servizi di connessione e sicurezza informatica al settore pubblico nell’arco dei prossimi 7 anni dovrebbe sulla carta posare la prima pietra della rivoluzione della PA digitale lanciata sotto gli auspici dall’Agid.
I parametri del bando prevedono che i nuovi fornitori Spc, ossia gli operatori aggiudicatari, debbano garantire l’erogazione di servizi di connettività fino a 8 megabit per secondo (e fino a 4mbps fuori dai comuni capoluogo di regione o dalle aree dove non è disponibile un’offerta Wholesale Bitstream NGA in modalità Ftth). Si tratta però di velocità inferiori a quelle al momento in uso in un numero cospicuo di amministrazioni che sono già passate alla fibra (tra i 10 e i 100Mbps) e che quindi rischierebbero una possibile “retrocessione” al rame. Un “declassamento” che andrebbe anzitutto a colpire gli enti centrali della PA (Ministeri, Inps, Inail, etc.). Ma non risparmierebbe neppure quelli locali. Rispetto all’attuale situazione, in cui le pubbliche amministrazioni di 208 comuni in Italia sono già raggiunte dalla fibra ottica, il bando richiede che siano allacciati alla fibra solo i 20 capoluoghi di regione.
Il Consip, per la verità, ha già replicato ai dubbi su quest’aspetto espressi da svariati operatori che hanno partecipato al bando. In un documento di chiarimenti sul capitolato tecnico della gara, la società per azioni pubblica che funge da centrale per gli acquisti della PA afferma che tutti i paventati casi di “downsize della banda” (definiti, peraltro, “casi limite”) “saranno affrontati a valle dell’aggiudicazione e dell’assegnazione alle amministrazioni”, ammesso “che si verifichino”, e che comunque i requisiti di copertura indicati “sono una condizione minima”.
Tenuto conto dei profili molto tecnici del bando, è difatti arduo stabilire di quale entità saranno le ripercussioni negative additate da più parti. Ma il giallo resta. Secondo Innocenzo Genna, esperto di regolamentazione europea sulle telecomunicazioni, “considerato il ritardo dell’Italia rispetto agli obiettivi dell’Agenda digitale appare paradossale che la spesa pubblica, per la connettività dell’amministrazione, non venga indirizzata ad innescare circoli virtuosi e addirittura disincentivi lo sviluppo di nuove infrastrutture”.
La gara Consip prevede l’assegnazione di massimo 4 lotti, il primo maggioritario (52%), gli altri suddivisi in parti uguali (16%), e ha visto la partecipazione di Telecom Italia, Fastweb (con Ibm e Finmeccanica), Wind (con il consorzio C.P.U.), British Telecom, Vodafone (con Ericsson), Tiscali e Infracom (con CloudItalia). Ad aggiudicarsi la fetta maggiore della torta, al momento, è stata Tiscali, mentre i rimanenti tre lotti sono andati rispettivamente a BT Italia, Telecom Italia e Fastweb.
Nell’annunciare il bando, a novembre 2013, l’amministratore delegato di Consip, Domenico Casalino (nella foto) aveva parlato di “un volano che consentirà di abbattere il digital divide di tutte le pubbliche amministrazioni italiane”. Ma prima ancora di essere messa in pista, come rivelato dal Corriere Comunicazioni, sulla gara si era abbattuta una pioggia di ricorsi al Tar da parte degli operatori invitati. Raggiunte da questa testata, fonti interne a Telecom Italia avevano spiegato che “i termini del bando sono schiacciati sul prezzo”, non prevedendo “adeguati parametri di qualità a determinare l’offerta vincente”.
Secondo diversi operatori l’utilizzo esclusivo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (“Prezzo Totale Ponderato Globale” nel bando) ha avuto l’effetto indesiderato di scatenare un spirale al ribasso, con la presentazione di offerte economiche troppo sottodimensionate (in termini generali tutti gli aggiudicatari debbono uniformarsi ai prezzi del primo in graduatoria). Il che costituirebbe un ulteriore freno allo sviluppo delle infrastrutture in fibra ottica per i fornitori inducendo un blocco nell’ampliamento di banda nelle sedi PA e anche una riduzione delle sedi collegate in fibra ottica ai minimi previsti dal nuovo contratto.