Gara Lte, Bertoluzzo: “Frequenze occupate valgono meno”

Secondo l’Ad di Vodafone Italia le frequenze in mano alle tv locali sono un acquisto rischioso e vanno liberate prima dell’asta. E sulle Ngn: “Necessario l’unbundling della fibra”

Pubblicato il 12 Apr 2011

Le frequenze derivanti dal passaggio al digitale terrestre, che lo
Stato si appresta a mettere all’asta tra gli operatori di tlc con
un introito previsto nella legge di stabilità in 2,4 miliardi di
euro, "hanno un prezzo inferiore se non sono libere". Lo
ha puntualizzato l’ad di Vodafone Italia, Paolo Bertoluzzo, nel
corso di un’audizione alla Commissione Lavori Pubblici del
Senato.

Le frequenze sulla banda degli 800 Mhz (dal canale 61 al 69) devono
essere ancora liberate dalle tv locali. Alla domanda su quanto
possa valere l’asta, Bertoluzzo ha risposto: “Non lo sappiamo
ancora, stiamo facendo le nostre valutazioni”. “Certamente – ha
proseguito – la situazione è radicalmente diversa rispetto a
quella che condusse all’asta Umts, quindi occorre stare attenti
alle valutazioni”. Oltre tutto, “se le frequenze sono
disponibili posso prevedere la partenza del servizio a una certa
data, sennò metto un fattore di rischio sulla frequenza e quindi
il prezzo scende”. Insomma, ha concluso, “siamo assolutamente
interessati alle frequenze, ma se ci saranno le condizioni per
arrivare alla base d’asta lo dobbiamo ancora capire, dipenderà
dalla disponibilità delle frequenze”.

Il numero uno di Vodafone ha precisato che la società parteciperà
all'asta anche se le frequenze saranno occupate, auspicando la
loro liberazione da parte delle tivù locali prima della gara.

La rete telefonica di nuova generazione dev'essere aperta e con
l'accesso in unbundling come per quella in rame, ha poi
sottolineato l'amministratore delegato di Vodafone Italia.
"O si va in questa direzione – ha detto – o con una rete
chiusa si va verso un modello di rimonopolizzazione del mercato
indicando agli altri operatori il ruolo di rivenditori".

Attacco a Telecom: "Monopolio nel
fisso"

Gli investimenti sulla rete di nuova generazione da parte di
Telecom rischiano di essere "limitati e ritardati"
sfruttando la vecchia rete in rame e facendo "pochi
investimenti" sulla fibra in base alla domanda. Questo
l'affondo di Bertoluzzo contro Telecom Italia durante
l'audizione in Senato.

Per Bertoluzzo, inoltre, sul fisso "c'e' una sola
infrastruttura in monopolio naturale posseduta da un'azienda
privata che ha a cuore i propri azionisti. Chi la possiede non ha
spirito competitivo". Secondo Bertoluzzo, "a 15 anni
dalla liberalizzazione del settore tlc siamo ancora in una
situazione di totale monopolio, perché tutto il valore industriale
è controllato, posseduto e fatto da Telecom Italia, mentre la
somma degli altri fa zero".

"Il 97% dei clienti sono ancora agganciati alla rete in rame
di Telecom, mentre in altri paesi la quota è del 70-75%, a seconda
dei Paesi, e questo e' un tema centrale e strutturale",
aggiunge bertoluzzo. Un tema, quello della vecchia rete in rame,
che presenta problemi anche di manutenzione, visto che "il 20%
dei clienti ha almeno un guasto l'anno, che non è cosa da poco
per chi vuole offrire servizi innovativi". Il tema centrale,
quindi "è che manca la competizione tra le
infrastrutture".

Gli interventi necessari, allora, prevedono innanzi tutto di
"continuare a lavorare per stimolare la concorrenza, che non
funziona nonostante gli sforzi dell'Autorita". E'
inoltre "importantissimo procedere con Open Access, che non ha
ancora portato tutti i risultati che doveva portare" ed
"è fondamentale che in questa fase non ci siano
alleggerimenti delle regole in capo a Telecom, che è ancora
monopolista".

Infatti "non esiste un contesto per la segmentazione
geografica" ed è "fondamentale andare avanti sui test di
replicabilita". Insomma, ha concluso Bertoluzzo, "sul
fisso c'è ancora un monopolio di fatto che rischia di farci
fare passi indietro, se non si fa un'infrastruttura aperta in
cui tutti investono".

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