Spingere sull’attuazione dell’Agenda digitale risolvendo la fase di stallo in cui versa l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale). Paolo Gentiloni, deputato del Pd ed ex ministro delle Comunicazioni, pone al Governo Letta alcune priorità per uscire dall’impasse. “Al Governo attuale bisogna chiedere fondamentalmente tre cose – dice Gentiloni -: primo, istituire una regia unica per l’Agenda digitale; secondo, accelerare l’attuazione dei tanti temi rimasti in sospeso dal lavoro fatto dalla cabina di regia del Governo Monti, prima fra tutte lo status dell’Agenzia digitale; terzo, ma mi pare di capire che il ministro Zanonato ci si stia già dedicando, dire una parola chiara su quale sia l’orientamento del Governo, e di conseguenza della Cassa depositi e Prestiti, sulla questione del futuro della rete Telecom”.
Quali sono i problemi che oggi bloccano l’Agenda digitale e l’azione dell’Agenzia per l’Italia digitale?
Si tratta di due ordini di problemi fra loro intrecciati, il primo di architettura istituzionale e l’altro di merito. Parlando dell’architettura istituzionale, il punto debole del lavoro pur positivo fatto dal Governo Monti sull’Agenda digitale, era la proliferazione di responsabilità e quindi la configurazione di una cabina di regia nella quale erano rappresentate cinque diverse amministrazioni centrali.
Questo errore si riflette anche sul difficile percorso dell’Agid?
Sì, perché questo errore si è ripetuto nella configurazione dell’Agenzia digitale e finora non è stato corretto, non so se lo sarà in futuro, dal Governo Letta. Serve una responsabilità politica trasversale unica, per portare avanti i diversi obiettivi dell’Agenda digitale europea e italiana. E serve che a questa responsabilità unica faccia riferimento anche l’Agenzia digitale, perché non può l’Agenzia fare il giro delle Sette Chiese fra troppe amministrazioni.
Come risolvere questo problema?
Non sarebbe male che questa responsabilità trasversale fosse a Palazzo Chigi, perché è ovvio che essendo coinvolte competenze diverse, forse Palazzo Chigi sarebbe la sede più adatta. L’essenziale è l’unicità.
Passando al merito, quali sono i problemi concreti che bloccano l’Agenda digitale?
Per quanto riguarda il merito, ci sono due questioni. La prima, è il fatto che il Decreto Sviluppo 2.0 e le misure che conteneva sull’Agenda digitale richiedono l’attuazione di numerosissime norme, che sono rimaste inattuate o rimandate a concertazioni, regolamenti e a termini non perentori ecc. E questo, purtroppo, senza un coordinamento unico, è un compito che spetta a tutti i ministeri, che devono portare avanti tutto in maniera indipendente. Bisogna tenere conto che l’Agenzia digitale, al di là di tutte le sue peripezie francamente scoraggianti, non può risolvere questo problema, perché si tratta in molti casi di decreti ministeriali o addirittura di decreti ministeriali da emanare di concerto tra diversi ministri.
La mancata attuazione dei decreti è il freno maggiore?
L’Agenda digitale è molto legata a queste attuazioni. Senza l’attuazione, l’Agenzia digitale rischia di limitarsi ad essere una struttura che, magari semplificandoli e centralizzandoli, fa appalti per la PA in campo informatico. Il che non è quello che serve. Serve anche questo, naturalmente, apprezzo il lavoro di semplificazione e di coordinamento che sta cercando di fare Agostino Ragosa, ma l’Agenda digitale è un insieme di misure molto rilevanti, alcune delle quali contenute in quel decreto approvato in zona Cesarini dal Parlamento nella scorsa legislatura, e quindi bisogna dargli attuazione. Ci sono poi problemi che quel decreto non risolveva e che riguardano di più la parte infrastrutturale, e in particolare l’assetto della rete. Mi riferisco a tutta la questione che riguarda le reti di prossima generazione, lo scorporo della rete Telecom, che non sono contenute nel decreto.