“Quando ci saranno delle proposte ci esprimeremo”: interviene sul “caso” Metroweb il sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli. La messa in vendita della quota di maggioranza (53,8%) della fiber company da parte di F2i (il restante 46,2% è in capo a Cdp attraverso il Fondo strategico) è sempre più una questione di “Stato” poiché strettamente legata alla realizzazione dell’infrastruttura nazionale a banda ultralarga. Giacomelli puntualizza che “nuove riunioni del gruppo di lavoro che si sta occupando della società della banda larga si terranno una volta eletto il nuovo capo dello Stato”. Intanto continuano a rimbalzarsi i rumors sull’andamento delle trattative in corso fra F2i e i due pretendenti: Telecom Italia e Vodafone.
Varie le ipotesi in campo: c’è chi sostiene che Telecom Italia sarebbe vicina alla chiusura dell’affaire e che l’avrebbe spuntata sul 51% di maggioranza (una quota progressiva a “salire” negli anni) in cambio di un aumento di capitale che consentirebbe di valorizzare la fiber company e chi invece ritiene l’esatto opposto ossia che Telecom sarebbe fuori dai giochi e che addirittura F2i ci avrebbe ripensato sulla vendita. Quest’ultima tesi si concretizzerebbe in un aumento di capitale riservato per consentire l’ingresso a un socio ma con una quota di minoranza che consenta quindi parità decisionale a tutti gli azionisti ossia una governance “tripartita” fra F2i, Fsi (Cdp) e il socio entrante.
Stando a quanto trapelato nei giorni scorsi, a seguito degli incontri fra le aziende e i rappresentanti del governo e di Cdp – un ulteriore incontro doveva tenersi ieri ma è poi saltato per gli impegni legati alle elezioni del nuovo Presidente della Repubblica – il modello preferibile sarebbe quello cosiddetto put and call che prevede l’acquisizione di quote progressivamente alla realizzazione dei progetti. Il tutto al fine di garantire la posa della fibra in tempi congrui e spingere l’azionista di maggioranza a investire.
Per venirne a capo bisognerà però mettere d’accordo tutte le parti in causa, governo incluso: il vicesegretario generale della Presidenza del Consiglio Raffaele Tiscar propende per un network “comune” in cui tutte le telco possano avere accesso all’infrastruttura a pari condizioni. . Quest’ultima proposta trova senz’altro d’accordo il numero uno di Wind Maximo Ibarra che, lo scorso dicembre, ha lanciato una soluzione di tipo “sistemico” che consenta, in un contesto di equa governance, la diffusione della banda larga sull’intero territorio nazionale. Sul fronte opposto, ossia a vedere di buon grado un ruolo di primo piano per Telecom Italia, si è però schierato il duo Gutgeld-Guerra, il primo consigliere fidatissimo del premier Matteo Renzi, il secondo (ex numero uno di Luxottica) entrato a far parte della “squadra” dei superconsulenti di governo chiamati a portare avanti il progetto di Italia digitale.
Intanto ieri il presidente di Cdp Franco Bassanini in audizione in Senato ha detto: “Abbiamo il 46% di Metroweb e ci stiamo comodi, ci sta benissimo”, rispondendo a chi gli chiedeva se Cdp pensasse di aumentare la sua partecipazione in Metroweb.