La battaglia per la supremazia sui device mobili si combatte anche
sul fronte delle applicazioni e del software. Proprietario o
aperto? Per Apple la risposta è sempre più chiara: gli strumenti
di sviluppo devono essere quelli della Mela. L’azienda di Steve
Jobs ha varato le nuove regole per gli sviluppatori: d'ora in
poi le applicazioni per l’iPhone e gli altri suoi device mobili
si potranno creare solo usando i tool di programmazione della
Apple.
Una cattiva notizia per Adobe Systems, che proprio nei giorni
scorsi ha annunciato un nuovo pacchetto di strumenti che permette
agli sviluppatori di creare applicazioni e poi generare
automaticamente delle versioni per l’iPhone e gli altri device
Apple. Con le nuove regole, questi tool sono esclusi. Gli
sviluppatori di applicazioni per la Apple non potranno più usare
nemmeno servizi esterni per misurare l’utilizzo e le prestazioni
delle loro applicazioni. La casa della Mela ha dichiarato che si
rifiuterà di distribuire sul suo negozio applicazioni che non
rispettino i nuovi requisiti.
“La Apple incoraggia in ogni modo lo sviluppo di applicazioni, ma
devono usare tutte la sua piattaforma”, commenta Gene Munster,
analista di Piper Jaffray. “Il rischio è di allontanare gli
sviluppatori, spingerli a usare altre piattaforme”, aggiunge
Munster, “ma finché le piattaforme mobili concorrenti non
acquisiranno la stessa forza e attrattiva di Apple, l’azienda di
Jobs può imporre le regole che vuole, gli sviluppatori sono ancora
dalla sua parte”.
“Con qualche modifica penso che riusciremo ad adeguarci”,
afferma infatti Peter Farago, vice president di Flurry, società di
analytics americana che fornisce strumenti che misurano l’uso e
la performance delle applicazioni per smartphone. “Abbiamo ancora
qualche dubbio sulle nuove regole, ma faremo quello che dobbiamo
per essere compliant, anche se forse occorrerà ripensare
l’intero modello di business”.
Secondo Al Hilwa, analista di Idc, Apple sta rafforzando il
controllo sulle applicazioni per tenere a bada le rivali. “Ci
sarà una lotta accanita nel mondo della telefonia mobile per
aggiudicarsi gli sviluppatori e fornire applicazioni nei prossimi
anni e queste sono solo le prime schermaglie”, secondo
l’esperto. Munster di Piper Jaffray fa notare che oggi il flusso
maggiore delle entrate per la Apple non sono più i computer, ma il
business mobile ed è questa la ragione principale che spinge
l’azienda a mettere pressione sugli sviluppatori. “Per fare
soldi non con le applicazioni, ma con l’hardware che supporta
quelle applicazioni”, sottolinea Munster, perché i device mobili
che hanno più app sono quelli che venderanno di più.
Entro la fine del 2011, secondo Munster, quasi il 50% del revenue
totale della Apple deriverà dalle vendite dei suoi iPhone e iPod
Touch. Per fare un confronto, nel 2001, l’80% delle entrate della
Apple era generato dalla sua linea di computer Mac, sia desktop sia
laptop, che nel 2011, invece, rappresenteranno solo il 27% del
revenue.
La Apple per ora non commenta, ma uno sviluppatore per iPhone, Greg
Slepak, ha mandato una e-mail al Ceo della Mela denunciando i
“limiti alla creatività” imposti dalle nuove regole. Steve
Jobs ha risposto: “Gli strati intermedi tra la piattaforma e gli
sviluppatori finiscono col produrre applicazioni sub-standard e
ostacolano l’evoluzione della piattaforma stessa”.
Quanto alla Adobe, un dipendente, Lee Brimelow, non ha usato mezzi
termini sul suo blog: “Il divieto di usare strumenti di sviluppo
non-Apple deriva dalla volontà di esercitare un controllo
dispotico sugli sviluppatori e, soprattutto, dal desiderio di
usarli come pedine nella crociata contro Adobe”.