La golden power sul tavolo del consiglio dei ministri di domani. Tra i provvedimenti all’esame del Governo due decreti presidenziali in materia di “individuazione degli attivi di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni” e di “individuazione delle procedure per l’attivazione dei poteri speciali nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni”.
La normativa di riferimento è il decreto-legge n. 21 del 2012 – Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni – emanato dal governo Monti e pubblicato in Gazzetta il 15 marzo 2012, n. 63, con cui si provvede a riscrivere la disciplina normativa in materia di poteri speciali attribuiti allo Stato nell’ambito delle società privatizzate a seguito dell’ultimato di Bruxelles che, con la procedura di infrazione n. 2009/2255, aveva bocciato la normativa italiana, in quanto lesiva della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali garantite dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Il governo sarà dunque chiamato a decidere se negli asset di sicurezza nazionale va inserita anche la rete Telecom, che però già rientra negli asset in cui vigilerà il governo come previsto dal decreto del governo Letta.
L’ambiguità è stata messa in evidenza innanzitutto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e poi rilevata anche dal Consiglio di Stato e dalle commissioni Lavori pubblici e Industria del Senato, che ieri hanno dato parere favorevole al decreto, esprimendo però delle osservazioni, la principale delle quali è appunto quella relativa al pasticcio Telecom. Si “raccomanda con forza al governo di chiarire in modo inequivoco, anche attraverso eventuali interventi normativi di integrazione o di coordinamento”, se agli attivi delle tlc si applica la disciplina del Golden power prevista per la difesa o le telecomunicazioni. Una modifica o integrazione considerata necessaria perché le reti e impianti individuati “coincidono di fatto” con quelli già inclusi nel dpcm che ha “integrato l’elenco delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale”, che prevede una protezione anche dalle mire degli operatori europei.
L’eventuale inserimento della rete di tlc negli asset dela difesa lascia dubbiosa anche Bruxelles. Il commissario al mercato interno Michel Barnier intende monitorare da vicino la legislazione. Vista da Bruxelles la questione è piuttosto semplice: se sta gli Stati membri definire quali sono i propri interessi di sicurezza nazionale e come proteggerli, tale discrezione ha di limiti. E il limite principale è che la deroga dalle regole del Trattato Ue può essere riconosciuta solo “in casi chiari e definiti”. In sostanza la restrizione alla libera circolazione dei capitali deve essere proporzionata all’obiettivo della sicurezza nazionale, non può essere a 360 gradi, indiscriminata. Mentre nel settore della difesa le cose sono abbastanza chiare, nel settore delle tlc lo sono molto meno. Di qui la decisione della Commissione di chiarire quali sono i stabiliti dal governo all’esercizio del potere speciale nel settore delle telecomunicazioni in aggiunta alla lista delle attività di importanza strategica per la sicurezza e la difesa nazionali.
In Commissione è stato notato che secondo il decreto italiano, in ogni caso, i poteri speciali possono essere usati solo in caso di minaccia reale di gravi lesioni dell’interesse e della sicurezza nazionali. Detto questo, si nota anche che se il governo dovesse ricorrere a tali poteri l’esistenza della minaccia deve essere “giustificata”.