Il Governo ha esercitato il golden power su Telecom Italia, approvando il relativo provvedimento del presidente del Consiglio sui poteri speciali. La conferma del primo ministro Paolo Gentiloni al termine delle tre ore di seduta del cdm per l’approvazione della legge di Bilancio 2018: “Abbiamo approvato il dpcm sul golden power relativo a Tim”. I contenuti saranno diffusi nel dettaglio nel corso della giornata. Si è trattato, ha detto il premier, di una “manovra snella e no lacrime e sangue. Sarà un bilancio utile per consentire la crescita del Paese”.
La misura, relativa alla presenza di Vivendi nell’azionariato del gruppo di Tlc, arriva dopo l’estensione dei Poteri speciali anche ai settori relativi all’ordine pubblico, decisa dal Consiglio dei Ministri di venerdì scorso e all’approvazione delle norme antiscorrerie che obbligheranno gli acquirenti di partecipazioni in società quotate in borsa a dichiarare le proprie intenzioni circa le aziende una volta che avranno raggiunto una partecipazione di almeno il 10%
Ieri il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha illustrato la linea del governo parlando di approccio al golden power in modalità “equa ed equilibrata, non punitiva”, senza immaginare lo scorporo di Sparkle da Tim. Oltre alla decisione sull’applicazione del decreto golden power su Tim pende l’incognita della multa per mancata notifica. Il gruppo ha provveduto ad allinearsi con quanto deciso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri il 28 settembre ma ha anche precisato, su richiesta Consob, di ritenere che “nessuna notifica fosse dovuta e che continuerà a far valere le proprie argomentazioni nelle sedi competenti”.
Sul tema scorporo il ministro ha precisato che “è superiore interesse nazionale avere una rete neutrale” la cui strategicità travalica la telefonia, e ha aggiunto: “Credo che vadano separate le due società. Dopodiché la proprietà può essere anche la stessa purché si rispettino determinate norme”. Per questo il ministro ha scritto all’Agcom “chiedendo di studiare, come ha fatto l’Inghilterra, quali sono i possibili benefici e rischi dal non avere una rete separata dal punto di vista societario, non dal punto di vista della proprietà”. Secondo Calenda la societarizzazione si potrebbe ottenere separando le due società: dovrebbe nascere una Tim che si occupa solo di servizi e una Tim che gestisce la rete di trasmissione. Stessa società, ma cda e obiettivi autonomi: la proprietà può essere la stessa “purché si rispettino determinate norme”.
Sul tema il ministro incontrerà per la prima volta, in settimana, il nuovo amministratore delegato di Tim Amos Genish. Esclude almeno al momento, un ruolo della cassa Depositi e Prestiti nella vicenda e, soprattutto, un suo ingresso in Tim. “Non è all’ordine del giorno” dice, e “non penso che adesso il tema sia se Cdp deve comprare la rete”.
La prossima settimana o all’inizio della successiva, si riunirà anche il cda di Tim per approvare la joint venture con Canal+ ed inevitabilmente farà il punto sulla governance. La strategia, che ora è in mano a Genish, prevede innanzitutto la trasformazione di Tim in una Digital Telco ma anche, come ha detto lo stesso a.d., “continuare a investire nella nostra copertura ultrabroadband per supportare l’evoluzione della società Gigabit”. Altro caposaldo è la convergenza, affiancando alla connettività la produzione di video e contenuti multimediali e in questa direzione andrebbe la creazione della joint venture con Canal+ (il term sheet firmato quest’estate prevedrebbe una governance con gli italiani all’80% e i francesi al 20%), per occuparsi “di produzioni e co-produzioni, sia italiane che internazionali, nonché dell’acquisizione di diritti, anche sportivi”. Ma al di là degli obiettivi industriali in molti hanno letto un viatico per un accordo con Mediaset, l’altro dossier caldo su cui è impegnata Vivendi.
Nella Tim di Amos Genish cambiano intanto le banche d’affari: per finalizzare la valorizzazione di Persidera il grupo ha scelto come adviso Barclays.