Redistribuzione delle revenue tra operatori di Tlc e gli Over the top fondamentale per garantire gli investimenti – circa 800 miliardi di dollari – cruciali nei prossimi cinque anni. Altrimenti “andremo dritti contro il muro”. Lo dice il segretario generale dell’Itu, Hamadoun Toure, che in un’intervista al giornale brasiliano Valor Economico affronta la revisione del trattato mondiale delle telecomunicazioni, sul tavolo della Conferenza mondiale sulle Tlc di dicembre a Dubai. Touré chiarisce che l’Onu non vuole tanto il controllo di Internet, ma avvertire dei rischi che corre la sostenibilità di Internet e di una “guerra cibernetica” con conseguenze disastrose per la sicurezza globale e l’economia. A Dubai sarà il dibattito sulla governance di Internet a tenere banco, in particolare sul ruolo di operatori come Google, Facebook, YouTube e eBay, grandi utilizzatori dell’infrastruttura e generatori di traffico, al centro di dinamiche conflittuali con parte del Congresso Usa che considera “devastante per l’economia” ogni ipotesi di tassazione a carico degli Over the Top per contribuire agli investimenti sulle infrastrutture di rete. Fra le proposte di cui si discuterà a Dubai quella di Etno: un nuovo modello basato su un accordo commerciale tra imprese, che appoggia sul concetto di quality of service e di un “equo compenso” richiesto ai giganti di Internet.
L’Onu vuole centralizzare il controllo di Internet?
A Dubai non parleremo di governance di Internet. C’è un sacco di attenzione su questo tema, come se ne stessimo effettivamente discutendo. Ma non è così. La Conferenza mondiale esaminerà la revisione del trattato del 1988, istituito per facilitare i negoziati tra gli operatori. A quel tempo, l’unico elemento era la voce mentre oggi si parla di convergenza di voce, video e dati. Oggi ciò che conta sono i bit. Il trattato del 1988 è stata la base di partenza per arrivare alla società dell’informazione di oggi. Mentre il trattato del 2012 getterà le fondamenta per la società della conoscenza del futuro.
Ma parlare di governance di Internet sembra inevitabile.
Occuperà solo una parte minore ai dibattiti. Faccio un confronto con i trasporti. I proprietari di strade e quelli di automobili è inevitabile che debbano lavorare insieme. Oggi c’è bisogno di conoscere le auto, l’altezza del cerchione, il peso, tutti dati che definiscono la loro modalità di circolazione. Abbiamo 2,4 miliardi di utenti di Internet, mentre 6 miliardi di persone utilizzano i telefoni cellulari. E l’80% degli utenti di Internet utilizzano il telefono per navigare. Chi trasporterà chi, allora? Ciò di cui abbiamo bisogno è di cooperare.
Il nuovo trattato globale cambierà il settore delle telecomunicazioni?
Tenteremo di fare un trattato che permetta sufficienti investimenti nelle infrastrutture, che devono affrontare il trasporto di contenuti che stanno crescendo a velocità esponenziale. Gli investimenti in contenuti sono enormi. Quelli nelle reti che trasportano il contenuto sono in crescita, ma non alla stessa velocità. Ad un certo punto avremo troppo traffico rispetto alle reti. Si rischia un collo in collo di bottiglia. Serve un’accurata ridistribuzione degli investimenti tra gli operatori e gli utenti della rete. Altrimenti ognuno dovrà avere la propria rete: pur sempre un modello possibile, ma estremo.
Di quali investimenti stiamo parlando?
800 miliardi dollari nei prossimi cinque anni. Solo per non determinare colli di bottiglia e non andare dritti contro un muro.
Chi metterà i soldi?
Il settore privato. Il ruolo dei governi è quello di adottare politiche di regolamentazione sufficientemente dinamiche da attrarre gli investimenti.
Le aziende di servizi come Google ecc. parteciperanno al finanziamento delle infrastrutture?
In parte lo stanno già facendo. Google sta investendo in una propria infrastruttura in alcune città degli Stati Uniti. Ma si rendono anche conto che creare una rete in una sola città non è sufficiente, perché una non esiste se isolata.
La soluzione allora è che l’operatore di Tlc riceva una percentuale sui ricavi di Google, YouTube, ecc?
Come segretario generale dell’ITU non posso rispondere in questo senso. Quello che sappiamo è che in mancanza di proposte concrete dal settore privato rischiamo di andare contro il famoso muro. Abbiamo 700 aziende che fanno parte della Itu, ma il voto pertiene solo agli Stati membri. Noi vogliamo che fornitori di servizi e operatori discutano tutti insieme fino a trovare una soluzione.
La proposta Etno, un nuovo modello di accordo commerciale, potrà essere condivisibile?
Questa è una proposta positiva, che stimola il dibattito e auspico che i paesi ne discutano pro e contro. Secondo l’Itu è chiaro che assistiamo a un problema reale di “gap” tra infrastrutture e contenuti. La crescita in entrambe le direzioni non è un modello sostenibile.
Il futuro sarà un Internet a due velocità?
No, non vogliamo questo. L’accesso dev’essere uguale per tutti. L’accesso all’informazione è un diritto universale.