Un terremoto culturale, mediatico ed economico: tassare gli smartphone e i tablet per finanziare la cultura. L’idea di Pierre Lescure già fa discutere la Francia. Oggi, il giornalista fondatore di Canal Plus e da cinque anni direttore del Théâtre Marigny, chiamato a presiedere la commissione incaricata di reperire i mezzi per finanziare la cultura, consegnerà il suo rapporto al presidente francese Francois Hollande.
Due le proposte più significative, tra le ottanta contenute nel rapporto: “La commissione Lescure propone un big bang nel circuito di finanziamento della cultura, includendo de facto i grandi protagonisti di internet. Come? Tassando gli smartphone e i tablet di cui Apple, Google e Amazon sono i principali fabbricanti”, anticipa Le Figaro. L’idea parte dalla riflessione che i consumatori sono restii a spendere 9 euro per scaricare un album di musica ma non esitano a spendere oltre 400 euro per un tablet o 700 per uno smartphone, prezzi sufficientemente elevati perché una tassa “non freni gli ardori dei consumatori”.
La seconda misura consiste nel facilitare le offerte “legali” di download, semplificando l’iter d passaggi sui vari media, che impone che un film sia disponibile prima al cinema, poi in televisione a pagamento e infine alla televisione gratuita. Dato che il finanziamento arriverà dai terminali i film potrebbero essere disponibili più rapidamente su tutte le piattaforme numeriche ed essere così scaricati legamente.
Hollande e il ministro della Cultura, Aurélie Filippetti, avevano chiesto a Lescure di fornire raccomandazioni per affrontare la rivoluzione digitale con criteri meno repressivi rispetto a quelli del predecessore Nicolas Sarkozy, fautore della legge Hadopi.
In questo senso il rapporto Lescure non prevede l’interruzione del servizio ma una multa (che si dovrebbe aggirare sui 140 euro) per chi scarica illegalmente film libri o musica. Nei mesi scorsi Filippetti aveva più volte sottolineato la necessità che lo stato debba sostenere la cultura, sottolineando che i prodotti culturali non sono come gli altri”. Secondo il ministro alla Cultura “chi fa profitti distribuendo i contenuti (come Google, Apple o Amazon, ndr) deve contribuire a finanziarne la creazione”. Quel principio viene ora applicato anche a chi fabbrica gli apparecchi (telefonini e tablet) che servono per fruire di quei contenuti.