Nella lunga marcia verso il 5G (a volte lo si dimentica, ma è nel 2009 che è cominciato lo sviluppo della tecnologia) oggi, a un passo dal traguardo, sembra quasi di poter tirare un sospiro di sollievo. Le architetture di rete prendono sempre più sostanza – e meno forma – grazie ai network virtuali intelligenti. Gli use case si moltiplicano in tutto il mondo, mentre sono partiti i primi servizi commerciali e si intravedono i modelli di business che porteranno introiti alle telco, che secondo molti analisti dovranno puntare su applicazioni video e corsie preferenziali sulle banda dedicate all’Internet of Things.
Ma mai come in questo ambito vale il detto che chi si ferma è perduto. Huawei lo sa bene, ed è per questo che continuerà ad aumentare gli investimenti con l’obiettivo di potenziare l’ecosistema globale su cui si fondano le attività di ricerca e sviluppo. Se nel 2017 sono stati spesi circa 12 miliardi di dollari (di cui 800 milioni solo sul 5G, confermati anche per il 2018), da quest’anno in avanti il budget annuale dedicato all’R&D sarà compreso tra i dieci e i venti miliardi. Il focus sarà prevalentemente sulle piattaforme di intelligenza artificiale e approccio All Cloud, grazie a cui il colosso di Shenzhen potrà offrire ai propri clienti servizi e infrastrutture capaci di evolvere con le nuove esigenze delle smart city, della smart industry e, da non sottovalutare, dei stessi consumatori.
Basti pensare che attualmente in Kuwait un utente mobile ormai arriva scambiare dati con la rete fino a 70 Gigabyte al mese. Ne ha parlato Peter Zhou Chief Marketing Officer, Wireless Network Product Line, in uno dei numerosi interventi che il top management di Huawei ha tenuto ieri a Londra, in occasione del consueto briefing che funge da premessa alla presenza del gruppo al Mobile World Congress di Barcellona. Alla fiera di fine febbraio, Huawei presenterà venti nuovi prodotti, condividendo con il pubblico e gli addetti ai lavori i risultati ottenuti grazie alla collaborazione con oltre 300 partner (molti dei quali incubati negli Open Lab disseminati su tutti il globo, a cavallo di Monaco, Dubai e Singapore), lungo la linea delle soluzioni end-to-end e della convergenza sull’ultimo miglio, vero discrimine nel momento in cui i carrier intendono sbarrare la strada agli Over The Top. A partire da Amazon e Google e specialmente nell’ambito dell’Internet of Things.
Ryan Ding, Executive Director of the Board President of Carrier Business Group, ha ricordato che secondo diverse stime nel 2025 saranno, a vario titolo, circa 40 miliardi gli oggetti connessi in tutto il mondo e che la complessità del sistema sarà ingestibile senza l’apporto dell’intelligenza artificiale (AI) applicata ai network. “Il 4G implica più o meno il controllo di 200 parametri per garantire la connessione dei device. Il 5G presuppone requisiti cinque volte più numerosi”. Ecco perché Huawei sta lavorando gomito a gomito con Intel per testare in dieci città le nuove forme di interoperabilità di chipset e dispositivi. Ding ha inoltre accennato ad Atlas, una piattaforma eterogenea basata sulla AI e dedicata al mondo enterprise, che garantirà (il lancio è previsto nel corso del 2018, dopo il Mobile World Congress) la gestione di input e output a prescindere dal tipo di connessione in uso, dalla richiesta di banda e dalla latenza necessaria per abilitare funzioni complesse come per esempio la guida autonoma. “Ma non è solo questione di prestazioni”, ha rilanciato Ding. “Fondamentale è il tema della copertura: il segnale deve raggiungere uniformemente tutto il territorio, anche le zone rurali e a fallimento di mercato, e il nostro impegno va in quella direzione. In Giappone e in Sud Corea il backbone del 5G è senza ombra di dubbio l’infrastruttura in fibra ottica. In Europa, dove l’ultrabroadband copre tra il 30 e il 50% del territorio, pensiamo che grazie alle microonde le antenne 5G potranno fungere esse stesse da backbone per la rete. Al Mobile World Congress mostreremo qualche applicazione in tal senso”. Infine, c’è il discorso dell’efficienza. “Oggi il 70% dei problemi di rete è causato da errori umani”, ha concluso Ding. “I network intelligenti sono in grado di abbattere del 50% le falle tecniche e permettono di prevedere il 60% dei guasti potenziali”.
Così come nei mesi scorsi Huawei aveva posto l’accento sulla ricerca e la sviluppo in ambito video, vera e propria killer application per le TLC del futuro (nel 2017 circa 100 carrier in tutto il mondo hanno reso il video un pilastro della propria offerta, nel 2018 saranno oltre 150), in occasione dell’evento di Londra si è discusso soprattutto di Internet of Things.
A margine della conferenza, CorCom ha potuto parlare con Edward Fan, VP Carrier Business Group Marketing, che ha sottolineato l’importanza delle applicazioni IoT e Narrow Band IoT per la crescita dei prossimi anni. “Oggi il fatturato generato dall’IoT rappresenta per le telco un giro d’affari da 7 miliardi di dollari a livello globale. Nel 2025 si aggirerà intorno ai 400 miliardi e costituirà il 20% delle revenue totali”, ha detto Fan. “Basti pensare che le connessioni Narrow Band sono passate in termini numerici dai 10 milioni del 2017 ai 150 milioni previsti per il 2018, con network dedicati cresciuti dai 39 dell’anno scorso al centinaio attuale. Dal canto nostro, abbiamo sviluppato già 23 use case replicabili. Il problema è che l’80% delle sperimentazioni, in generale, arriva dalla Cina: il problema è riuscire a esportarle in altri mercati. Questa è una delle ragioni per cui abbiamo istituito gli Open Lab. Rispetto alle soluzioni che cominciano a diffondersi nel mercato, a livello B2B come sul piano consumer, credo che per le telco il tema sia fondamentalmente quello della user experience dei servizi offerti, che va migliorata a prescindere dal fatto che si abbia a che fare con impianti e macchinari connessi, oggetti per lo smart metering, wearable o applicazioni per la smart home”.
I nuovi modelli di business, ha aggiunto Fan, nasceranno dall’analisi dei dati che i dispositivi trasferiranno a livello centrale, e ad usufruirne saranno le imprese come le pubbliche amministrazioni, che ora come ora hanno soprattutto bisogno di standard per integrare le diverse soluzioni e piattaforme. “Vedo inoltre come ottima fonte di revenue, e quindi di margini, anche la possibilità per le telco di applicare logiche pay per use alle proprie reti: a seconda del tipo di applicazione di cui ha bisogno il cliente, grazie a virtualizzazione e intelligenza artificiale le prestazioni del network possono essere modulate in funzione di specifiche esigenze. Serve minore latenza? Oppure maggiore banda? O ancora assoluta garanzia dell’integrità dei dati? Ora scegliere è possibile, e costituirà sempre di più fonte di valore per entrambe le parti, in una logica win-win”.