Huawei Italia, la crescita dei piccoli passi

Il nuovo numero uno, David Wang, spiega le strategie per consolidarsi in Italia

Pubblicato il 20 Lug 2009

“Passo dopo passo”: i cinesi, si sa, hanno pazienza da vendere;
ma se sanno aspettare, sanno anche  guardare lontano. Ed è con
questa filosofia che David Wang, managing director di
Huawei Italia
, approccia il nostro mercato. “Vogliamo
crescere un po’ alla volta in tutti i settori delle
telecomunicazioni”, spiega dopo nove mesi alla guida delle
attività italiane del colosso di Shenzen. “Ma l’Italia la
conoscevo già prima,sono 5 anni che seguo le attività di Huawei
in Europa”. Non gli manca la determinazione: ”Vogliamo
diventare uno dei fornitori leader del vostro mercato”.
Non sarà facile.
Me ne rendo ben  conto. Il vostro è un mercato maturo, con una
penetrazione nella telefonia mobile di oltre il 150%. Per un nuovo
fornitore come siamo noi, non è facile inserirsi. Siamo in Italia
soltanto dal 2004. Eppure, di passi ne abbiamo già fatti molti. Ed
altri, di assai significativi, abbiamo intenzione di farne anche in
futuro. Ne stia pur certo. Del resto, risultati ne abbiamo già
raggiunti. Fra i nostri clienti italiani annoveriamo Telecom
Italia, Vodafone, Wind, 3”.
Non avrà vita facile.
Lo so benissimo. La competizione è tough già adesso. Non mi
aspetto regali.
C’è chi dice che i regali li state facendo voi. Con
prezzi bassi.

Guardi, quella che noi facciamo dumping sui prezzi è una storiella
vecchia, un’accusa che non regge alla prova dei fatti. Anzi,
certe volte i nostri prezzi possono persino apparire a prima vista
meno competitivi di quelli degli altri. Il fatto è che noi
puntiamo soprattutto su due priorità: qualità e total cost
ownership. La nostra non è una strategia di prezzo, ma di valore
aggiunto da apportare al cliente.
Mi faccia un esempio.
Stiamo proponendo al mercato un modello di Bst estremamente
compatto ed avanzato dal punto di vista tecnologico ed ambientale.
Consente di gestire contemporaneamente molte frequenze mobili: Gsm,
Umts, Lte. Non costa meno di altre base-station dei concorrenti.
Anzi, il nostro prezzo è superiore. Ma il nostro prodotto consente
di abbattere i costi operativi e di semplificare il sistema di
gestione delle telefonate. Significa efficienza, semplicità, costi
di funzionamento inferiori. È sulla qualità e sui vantaggi che
possono trarne i nostri clienti che noi scommettiamo. E
vinciamo.
Non può dirmi, però, che la Cina non gode di una
competitività di costi e di regole del lavoro.

Molto meno di quanto non si pensi o non si pretenda. Quello delle
telecomunicazioni può anche essere visto come un mercato di
commodity. Ma è un mercato molto particolare: devi essere vicino
al cliente, interpretarne le esigenze, anticiparne i bisogni,
comprenderne le necessità se vuoi vendere. Non basta fare un
prezzo buono. E questo soprattutto in mercati avanzati come quello
italiano.
Ma il prezzo è importante. E voi partite
avvantaggiati.

È la globalizzazione, bellezza, mi verrebbe da rispondere. In
realtà, il vantaggio di costo della Cina diventa ogni anno più
basso. Huawei nel mondo ha 90.000 dipendenti: metà di essi sono
impegnati in ricerca e sviluppo. Sono tecnici, ingegneri,
specialisti: tutta gente che guadagna bene, anche da noi. E poi, in
Cina non ci sono solo le aziende cinesi. Vi si stanno spostando un
po’ tutti i grandi gruppi multinazionali delle telecomunicazioni:
aprono impianti da noi o in India e vendono in tutto il mondo. Non
mi pare ci sia più una grande differenza di fattori produttivi fra
le grandi aziende internazionali di telecomunicazioni. Il nostro
mondo è orma integrato.  Nessuno si chiede più dove sia stato
fatto un certo prodotto: ma a cosa serve, che vantaggi porta e,
ovviamente, anche quanto costa.
In Italia c’è un altro gruppo cinese che cerca di
entrare.

È la competizione. Ma vorrei dirle che non ci sentiamo cinesi. In
Europa ci sentiamo europei e in Italia italiani. In Italia abbiamo
250 dipendenti e il 70% sono italiani. Cresceremo ancora man mano
che crescerà la nostra fetta di mercato. Abbiamo centri di
innovazione a Milano, a Roma, a Torino. Li potenzieremo e altri ne
faremo, se ce ne sarà l’opportunità.
Quanto “vale” Huawei?
In Europa 3 miliardi di euro.
E in Italia?
Non diamo cifre su singoli Paesi.
Provo io: 10% del mercato Ue?
C’è andato vicino. Per difetto.

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