“Le città intelligenti sono una parte significativa della nostra strategia di crescita. E l’Italia può essere un laboratorio importante, su cui puntiamo moltissimo”: lo afferma Roberto Loiola, vice presidente per l’Europa Occidentale di Huawei. “Ben presto – rivela al Corriere delle Comunicazioni – annunceremo la firma di accordi con alcune università italiane per sviluppare soluzioni mirate alle esigenze delle città italiane, ma aperte ed interoperabili, capaci di essere esportate anche a livello globale”.
“Per la prima volta oltre il 50% della popolazione mondiale vive in una città – osserva Loiola – È prioritario garantire risposte immediate al crescente sovraffollamento, all’inquinamento e al bilanciamento di utilizzo di risorse e infrastrutture per creare un ambiente più sostenibile e una qualità della vita migliore. Huawei è da tempo impegnata per affrontare queste sfide a livello mondiale e siamo molto attivi nello sviluppo di prodotti sempre più innovativi, anche sotto il profilo dei consumi energetici, in linea con la nostra vision Green Communications, Green Huawei, Green World”.
“È decisivo – spiega Sergio Gianotti, head of sales marketing enterprise di Huawei – individuare soluzioni standard, in grado di essere replicabili anche in realtà diverse da dove le soluzioni nascono. Serve a poco creare prototipi belli ma che non hanno le caratteristiche per uscire dalla mura dove sono nati”.
Smart cities è sinonimo di rivoluzione digitale del Paese. ”Dietro le smart cities non vi è solo una sfida tecnologica, ma si presenta l’opportunità concreta di riqualificare le nostre città, di renderle più vivibili, sostenibili e capaci di produrre elevati standard di sviluppo sociale”. aggiunge Stefano Parisi, Presidente di Confindustria Digitale
Per Parisi “l’Agenda Digitale è la vera manovra di politica economica che, mettendo al centro dell’azione pubblica e privata l’innovazione ICT come fattore di cambiamento e di spinta verso un nuovo modello di sviluppo, può portare a un aumento del PIL superiore al 2%”.
Da qui l’esigenza di “assicurare al processo di digitalizzazione del Paese una governance univoca e politicamente forte in capo alla Presidenza del Consiglio, con l’Agenzia per l’Italia Digitale come suo braccio operativo”.