Le novità introdotte dal decreto Crescita 2.0 rappresentano un primo passo a favore dell’innovazione, malgrado i tempi di realizzazione dei relativi decreti attuativi si siano profondamente dilatati e, di conseguenza, i possibili effetti positivi siano ancora lontani. Ritengo, da tempo, che l’Agenda digitale possa essere uno dei motori decisivi per la ripresa economica ed occupazionale del nostro Paese, ma occorre dare una forte accelerazione a ciò che si è già deciso e, soprattutto, spingere con maggiore determinazione sulla leva degli investimenti. Se pensiamo solo al ritardo dell’Italia nello sviluppo della banda larga tra i paesi Ue, ci rendiamo facilmente conto di quanto ancora ci sia da fare nella realizzazione di infrastrutture tecnologiche moderne, in grado di far ripartire il sistema paese. Da un punto di vista più macro, occorre agire sulla domanda interna. Le imprese italiane, con vocazione all’export, hanno retto bene la concorrenza sui mercati internazionali ma è assolutamente necessario che, nel 2014, ripartano i consumi per tonificare il mercato interno.
Più in generale, c’è bisogno di un “salto culturale” che liberi il paese da schemi mentali datati che ci hanno impedito di fare le cose che servono, velocemente e bene. Solo così potremo mantenere l’Italia nel ruolo che merita nell’economia mondiale. E non è un problema di risorse. Se pensiamo solo alle competenze e al know-how che esportiamo all’estero, abbiamo la misura di quanto possiamo concretamente realizzare in Italia. Ma dobbiamo fare sistema, mobilitando subito le risorse nei settori cruciali per lo sviluppo: istruzione, formazione avanzata, start up e incentivi alle aziende affinché tornino ad assumere. Infine, una riforma vera dello Stato con meno burocrazia e maggiore produttività. Serve, in sostanza, un’Agenda per l’Italia che guardi al futuro con una passione nuova.