Il 3 aprile del 1973 un ricercatore scende in strada a Manhattan, New York, e dal suo apparecchio “mobile” bianco e grande più di una scarpa fa il numero di telefono del suo rivale: “Noi alla Motorola ce l’abbiamo fatta, il telefonia cellulare è una realtà”. Quel signore è l’ingegnere americano Martin Cooper, il suo diretto rivale è il ricercatore della Bell Labs, Joel Engel.
L’apparecchio usato da Cooper era un DynaTac, che sta per Dynamic Adaptive Total Area Coverage, pesante oltre un chilo, senza display, con un tempo di ricarica di 10 ore e appena 35 minuti di autonomia operativa. Per quei tempi, il DynaTac era un miracolo tecnologico che chiudeva la rivalità tra Motorola e Bell Labs iniziata nel ’47: dai laboratori di questa aveva infatti preso forma l’idea di un telefono da usare senza collegamenti a un filo. Ma solo 7 anni dopo quella prima telefonata, nel 1980, che l’invenzione riesce ad avere una platea più ampia grazie all’assegnazione delle prime frequenze. Il successore del prototipo di Cooper è il DynaTac 8000X, venduto a 3.995 dollari di allora, ovvero 9.322 dollari attuali.
Nel 1983 inizia la commercializzazione e la sua cavalcata verso il successo, dapprima contenuta – ci vollero sette anni per raggiungere il milione di utenti – poi sempre più veloce. Con gli abbonamenti mobili (cellulari, tablet e chiavette per pc) a quota 6,6 miliardi a fine 2012 e previsioni di 9,3 miliardi nel 2018 (dati Ericsson), siamo vicini al fatidico giorno in cui i dispositivi supereranno gli abitanti del pianeta.
Oggi telefonare è diventata una funzione marginale: con gli smartphone ci si collega a Internet, si fanno foto e video. E intanto le grandi aziende stanno guardando sempre di più al futuro dove il cellulare può diventare un oggetto da indossare: basti pensare ai Google Glass o agli smartwatch a cui stanno lavorando Apple e Samsung. Martin Cooper sembra approvare questi progetti. Dal suo account Twitter dice “Più vicina sarà la connessione al nostro cervello, più efficace sarà la tecnologia”.