L’armonizzazione comunitaria delle aste per le frequenze non s’ha da fare. Gli stati membri si accingono infatti a silurare in blocco tutte le misure che promuovono una gestione più coordinata a livello europeo dello spettro contenute nella proposta di regolamento Ue sul mercato unico delle tlc. Lo si evince con chiarezza da un rapporto diffuso mercoledì dalla presidenza di turno greca dell’Ue che fa il punto sullo stato dell’arte dei negoziati in Consiglio sul testo legislativo. Le delegazioni nazionali, secondo quanto si legge nel documento, “giudicano buona parte delle disposizioni (in materia di frequenze) troppo prescrittive e spesso in sovrapposizione o in conflitto sia con le regole comunitarie in vigore che con le legislazioni nazionali”. Meglio dunque sbarazzarsene lasciando che “gli strumenti e i meccanismi istituzionali già a regime vengano utilizzati in maniera più efficace per raggiungere i risultati attesi”.
Presentato dal commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes nel settembre del 2013, il pacchetto “Continente Connesso” sul mercato unico delle tlc dispone un significativo balzo in avanti nel coordinamento delle tempistiche, della durata e delle altre condizioni di assegnazione delle radiofrequenze. Grazie ad un successivo emendamento approvato dal Parlamento europeo, la soglia minima della durata delle licenze è stata elevata a 20 anni. La Commissione ha anche previsto di incentivare l’affitto e lo scambio sul mercato secondario di porzioni di spettro inutilizzate, assieme alla possibilità per Bruxelles di stoppare le aste nazionali ritenute troppo onerose per gli operatori. Il tutto nell’ottica di avvicinare il traguardo di uno “spazio unico europeo delle frequenze”. Un obiettivo che tuttavia resta tabù per gli stati membri, secondo i quali – come si legge nel rapporto – “lo spettro è una risorsa nazionale e le circostanze nazionali dovrebbero essere tenute in conto” ogni volta che si interviene sulla materia a livello europeo.
La posizione del Consiglio echeggia e rafforza le preoccupazione espresse la scorsa settimana dal Berec. In una nota pubblicata sabato 17 maggio, l’organismo europeo che raggruppa i regolatori per le tlc scriveva che le nuove disposizioni “aggiungerebbero un nuovo strato di burocrazia che rallenterebbe il rilascio di nuove porzioni di spettro, e non porterebbe necessariamente ad un suo utilizzo più efficiente”. Il Parlamento europeo, per sua parte, aveva invece sposato con convinzione le misure, addirittura rafforzandole nella versione emendata del pacchetto a cui aveva dato via libera lo scorso aprile.
Il rapporto della presidenza greca mette in luce l’ostilità dei governi europei anche su altri due pilastri chiave del regolamento, nella fattispecie le norme volte a stabilire un regime di autorizzazioni unico per gli operatori e quelle sull’accesso all’ingrosso. Anche le regole sulla net neutrality, che il Parlamento europeo ha voluto rendere più stringenti attirando al contempo molti plausi e altrettante critiche, “necessitano di essere sostanzialmente migliorate”, ad esempio attraverso un chiarimento supplementare della definizione di “servizi specializzati a qualità garantita”.
Dopo i fitti negoziati delle ultime settimane, il pacchetto sul mercato unico delle tlc figurerà tra i primi punti all’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei Ministri europei delle Telecomunicazioni che si terrà in Lussemburgo venerdì 6 giugno. In quell’occasione, gli stati membri dovrebbero concordare una prima posizione di massima. Ma tutto lascia intendere che, qualora un compromesso sia raggiunto, il testo emendato che ne scaturirà differirà sostanzialmente dalla versione votata da Strasburgo. E questo in soldoni significa che le due camere legislative europee, cioè lo stesso Parlamento e il Consiglio, dovranno successivamente intraprendere un difficile negoziato per trovare un accordo.
Secondo la Commissione europea i rallentamenti e le inefficienze amministrativi, per non parlare dei costi troppo ingenti, che in molti paesi membri hanno caratterizzato negli anni passati le gare d’assegnazione delle licenze sono in parte responsabili del ritardo accumulato dall’Europa nella diffusione delle reti a banda larga mobile di nuova generazione. Ai governi viene inoltre spesso imputato di non utilizzare i proventi delle aste per contribuire all’ammodernamento delle infrastrutture digitale. Ma considerato che questi restano un’importante leva per le finanze nazionali, appariva quasi scontato che il Consiglio assumesse una posizione apertamente critica nei confronti delle norme proposte dalla Kroes.