“Nessun decreto, nessuna data sullo switch off della rete in rame di Telecom Italia e nessun impegno di spesa su eventuali voucher alla migrazione alla fibra ottica”: è quanto riferiscono a CorCom fonti del governo in merito al “dossier” ultrabroadband che sarà all’esame dei ministri – come già anticipato dal nostro sito – martedì 4 marzo.
Smentite dunque le indiscrezioni di stampa secondo cui il Piano ultrabrodband “Ring” avrebbe fissato, nero su bianco, al 2030 la migrazione totale ad una rete in fibra ottica e il conseguente spegnimento dell’infrastruttura in rame di Telecom Italia attraverso una roadmap a step che già al 2020 avrebbe previsto la realizzazione dei collegamenti in fibra anche per l’ultimo miglio di rete. Secondo le indiscrezioni il piano sulla Rete italiana di nuova generazione, prevederebbe che il governo stabilisca i piani di investimento di ciascun operatore di tlc in modo da coordinarli e renderli più consoni al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale. E ancora: il piano “Ring” prevederebbe per l’utente finale una uguaglianza di costi tra il servizio che viene offerto adesso da tutti gli operatori anche utilizzando il rame, e quello che verrà offerto con la fibra, stabilendo in pratica il prezzo finale del servizio. E le indiscrezioni di stampa parlano anche di un “servizio universale”, garantito a chiunque ne faccia richiesta, con una connessione a 30 mega al secondo.
Ma il governo mette a tacere tutte le voci. Dopo le smentite attraverso le fonti di Palazzo Chigi in serata arriva una nota del sottosegretario Antonello Giacomelli a chiarire la situazione: “Le ricostruzioni uscite oggi su alcuni organi di stampa e precisa che i provvedimenti che saranno adottati dal governo si limiteranno ad applicare il Piano banda ultralarga per stimolare gli investimenti di tutti gli operatori: non sará presentato alcun decreto su Telecom o che imponga arbitrari spegnimenti della rete in rame. Gli obiettivi del piano del governo restano quelli europei: 30 Mbps al 100 per cento della popolazione, 100 Mbps al 50 per cento entro il 2020. Martedì dunque verrà adottato il Piano, apprezzato nella consultazione pubblica da tutti gli operatori e giudicato serio e ambizioso dagli osservatori europei; nelle prossime settimane verranno adottati tutti i provvedimenti attuativi volti a favorire gli investimenti ed aiutare la compiuta realizzazione del piano stesso per il raggiungimento degli obiettivi europei”
La questione dello switch off è dunque fuori dal Piano, e secondo quanto risulta a CorCom all’appello mancheranno anche i decreti relativi alla costituzione del cosiddetto di un Fondo dei fondi –Decreto Comunicazioni per il finanziamento dei piani operativi pubblici in banda larga – e quello attuativo allo Sblocca Italia sul credito d’imposta sull’Ires e Irap fino al 50% del costo massimo dell’investimento per gli interventi strutturali sulla rete fissa e mobile e per gli impianti wireless e via satellite (inclusi gli interventi infrastrutturali di backhaul, per l’accesso alla banda ultralarga).
Il documento finale all’esame del Cdm del 4 marzo dobrebbe invece contenere –secondo quanto risulta a CorCom – le linee guida per la realizzazione del catasto delle infrastrutture ossia del database in cui saranno incluse tutte le infrastrutture del suolo e del sottosuolo (tralicci energia elettrica, tubature gas, rete idrica e fognaria) con l’obiettivo da individuare quelle utilizzabili per facilitare la posa dei cavi in fibra da parte delle telco ma anche per abbattere i costi stessi della posa, almeno nell’ordine del 20%. Secondo quanto si apprende, dal prossimo anno tutte le società che realizzano infrastrutture dovranno fare confluire le stesse nel database.
E sempre secondo quanto risulta a CorCom il governo punterebbe sulla defiscalizzazione anche nelle aree nere per spingere la realizzazione delle nuove reti anche nelle aree a forte concentrazione di investimenti in particolare facendo leva sull’upgrade delle connessioni da 30 Mbps a 100 Mbps che per non cadere nelle maglie delle normativa europea sugli aiuti di Stato devono prevedere un “upgrade tecnologico”. E l’upgrade tecnologico nelle aree nere non può che avvenire attraverso la tecnologia fiber-to-the-home visto che nelle grandi città e nei centri urbani di media dimensione di fatto con il fiber to the cabinet già si garantiscono prestazioni elevatissime in termini di connettività alla Rete.
Si ricorda, infatti, che le norme Ue in materia di aiuti di stato sulle reti a banda larga e ultra-larga all’articolo 3.6 (paragrafi 82, 83 e seguenti) prevedono incentivi nelle aree nere NGA solo a fronte di un salto di qualità tecnologico e quindi qualora le reti Nga non raggiungono l’abitazione finale con reti in fibra ottica e la situazione del mercato non evolva verso al fornitura di servizi superiori ai 100 Mbps.
Una decisione, quella del governo, che potrebbe ribaltare tutti i piani delle telco. Telecom Italia, non a caso, ha già annunciato una forte spinta degli investimenti nell’ultrabroadband e anche nel fiber-to-the-home: 500 i milioni di euro di investimento di qui ai prossimi tre anni che saranno destinati ai collegamenti Ftth con l’obiettivo di coprire le prime 40 città italiane.
“Mi sembra una cosa vicina a un intervento da pianificazione sovietica – commenta Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia e Imprenditorialità allo Sda Bocconi in riferimento alle indiscrezioni circolate sul piano Ring. “E’ un intervento che oggettivamente, se fosse confermata l’ipotesi, sembra alquanto bizzarro. Sembra un intervento molto dirigista – prosegue -. Il governo invece di fare politiche sul lato della domanda, favorendo la maturazione di un mercato solido e robusto, sembra voler giochicchiare con le politiche dell’offerta. Interferendo sulle scelte tecnologiche” di Telecom Italia e “contravvenendo ai principi di neutralità tecnologica”.