“Una piattaforma in fiamme”: così ha definito il Ceo di Nokia
Stephen Elop il pericolante terreno su cui l’azienda si muove
oggi, tanto da averla spinta alla storica decisione di abbracciare
un nuovo sistema operativo, Windows Mobile7, che si affiancherà a
quello tradizionalmente sostenuto da Nokia, Symbian. Ma secondo un
intervento pubblicato dall’Economist, non è solo la casa
finlandese, il numero uno mondiale dei produttori di handset, ad
aver perso competitività: sulla piattaforma in fiamme si trova
l’intera industria delle telecomunicazioni mobili europea.
“Ci troviamo su una piattaforma petrolifera in fiamme. Se
vogliamo salvarci dobbiamo tuffarci in acqua”, ha detto Elop
–ovvero cambiare radicalmente strategia. Una rivoluzione che si
propagherà a macchia d’olio a tutte le aziende della telefonia
mobile europea, secondo l’Economist, perché tutte sono alle
prese con un vero “rovescio di fortuna”. Negli Anni ’90
l’Europa sembrava avere una leadership sulla Silicon Valley nella
tecnologia mobile. Le telecom europee si erano accordate per uno
standard unico per i cellulari che ha presto conquistato il resto
del mondo e l’Europa è rapidamente diventata il più grande
mercato mondiale per i cellulari.
“L’Europa è stata la culla dell’innovazione e ha creato
un’economia di scala nella telefonia mobile”, afferma Ameet
Shah di Prtm, società di management consultants. Il panorama è
tuttavia cambiato con l’arrivo degli smartphone e in particolare
dell’Apple iPhone nel 2007. Nokia continua a distribuire un terzo
di tutti i cellulari venduti nel mondo, ma Apple incassa più di
metà di tutti i profitti, nonostante uno share di mercato di
appena il 4%. E oggi il più grande mercato per gli smartphone è
il Nord America, non l’Europa. Quanto agli standard, Verizon, il
maggiore operatore mobile americano, è leader al mondo per le
implementazioni della nuova tecnologia wireless, l’Lte.
Un altro problema è che Nokia, come il resto dell’industria
mobile europea, è sotto pressione sia sul terreno dei cellulari di
fascia bassa che sulle attrezzature di networking. I cellulari low
cost basati sui chip della taiwanese MediaTek sono sempre più
popolari nei Paesi in via di sviluppo. Questo sistema e i suoi
utenti rappresentano oggi più di un terzo di tutti i cellulari
venduti globalmente, nota Elop. E con 28 miliardi di dollari nel
2010, le revenues della cinese Huawei sono quasi uguali a quelle
della svedese Ericsson, leader mondiale dei produttori di
attrezzature per reti wireless.
Alla base della questione c’è la nota legge di Moore, nota
l’Economist, secondo cui le prestazioni dei processori
raddoppiano ogni 18 mesi. La prima generazione di telefoni
cellulari erano device pensati per la conversazione e gli sms e il
guadagno scaturiva dall’offerta di un design accattivante, da
ridotti costi di produzione e una distribuzione su larga scala.
Questi elementi hanno determinato il successo dell’Europa e in
particolare della Finlandia. Ma con la comparsa di microprocessori
sempre più potenti i cellulari si sono trasformati in computer
palmari: oggi il loro valore risiede nel software e nei servizi
dati e qui è difficile battere la forza dell’America e in
particolare della Silicon Valley, dove hanno sede Apple e Google ed
esiste un imbattibile ecosistema virtuoso di imprenditori,
capitalisti di ventura e sviluppatori software che producono
innovazione.
Nokia ha capito i cambiamenti in atto – per esempio la portata
rivoluzionaria dei touchscreen – fin dal 2004. Rendendosi conto
dell’importanza dei servizi mobili ha lanciato il negozio Ovi nel
2007, un anno prima dell’App Store di Apple. Ma trasformare un
produttore di hardware in un provider di software e servizi non è
facile. Nokia è sempre stata molto efficiente nella produzione e
distribuzione di larghi volumi di cellulari; i suoi nuovi device
erano sviluppati da team separati, a volte in competizione tra loro
– tutto il contrario di quello che è necessario per il software,
dove occorre collaborare ed essere veloci.
Olli-Pekka Kallasvuo, che ha guidato Nokia dal 2006 a settembre
2010, se ne è reso conto. Ha cercato di infondere nuove energie
nell’azienda con acquisti di start-up, rafforzando software e
servizi e provando a trasformare il sistema operativo Symbian in
una piattaforma più simile a quella di iPhone o ad Android. “Ma
proprio come Sony, Nokia non ha trovato il modo di effettuare il
passaggio dall’hardware al software", sostiene Stéphane
Téral di Infonetics Research.
Per aiutare Nokia in questa transizione è arrivato il nuovo Ceo,
Elop, ex senior executive di Microsoft – e la scelta di Windows
Mobile non stupisce. Gli investitori sembrano premiare questa
opzione, come spiega Ben Wood di Ccs Insight, società di ricerche
di mercato; in particolare la partnership con la società di Bill
Gates potrebbe aiutare Nokia a riconquistare il mercato americano,
dove il suo share si è notevolmente ristretto. D’altro lato,
nota Wood, Windows Phone 7 non è stato un successo strepitoso
finora e comunque per produrre i primi telefoni “Windokia”
occorreranno almeno sei mesi – un tempo lunghissimo in
un’industria che si muove alla velocità della luce.
Altri player dell’industria europea della telefonia mobile stanno
cercando di evolvere col mercato e tornare a crescere: oggi la
maggior parte dei microprocessori dei cellulari e device mobili
sono basati sulle architetture disegnate dall’azienda britannica
Arm; Ericsson genera il 40% del suo fatturato dai servizi, mentre
Alcatel-Lucent ha appena presentato una tecnologia che riduce le
dimensioni di una stazione base wireless a quelle di un cubo di 6
cm di lato.
Ma per una vera ripresa, l’Europa dovrà adottare una cultura
imprenditoriale nello stile della Silicon Valley, conclude
l’Economist. Non è impossibile: le nuove start-up vanno in
questa direzione. Uno dei giochi più popolari per smartphone, per
esempio, arriva proprio dalla Finlandia. Si chiama “Angry
Birds”: è stato scaricato più di 50 milioni di volte dal suo
rilascio a dicembre 2009 e, attenzione, crea un’irresistibile
dipendenza – alcuni giocatori si sono dovuti rivolgere al medico
per “guarire”.