Ben Verwaayen, il manager alla testa di Alcatel-Lucent, va avanti
con la ristrutturazione a livello mondiale, ma in Italia il governo
prova a salvare l’impianto di Battipaglia con il piano sulla
banda larga. Ne parla oggi Edoardo Segantini sul Corriere Economia:
“Cinque lavoratori che minacciano di darsi fuoco non possono
modificare i piani di una multinazionale ma esercitano una
pressione formidabile sul sistema. Accade a Battipaglia, dove si
stanno misurando la logica globale dell’azienda franco-americana
di telecomunicazioni Alcatel-Lucent e la logica ‘locale’ delle
persone toccate sulla pelle dalle scelte di Parigi”. In breve
Segantini spiega che la riduzione dei costi è necessaria per
Alcatel-Lucent “se vuol fare fronte a una concorrenza come quella
cinese di Huawei”.
E così, tra i tanti tagli, c’è anche quello delle attività
manifatturiere di Battipaglia, dove verrà mantenuta la ricerca. La
vendita riguarderà “225 lavoratori su 2.300 dipendenti in
Italia. La vicenda assume rilievo politico e arriva sul tavolo del
ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. In un incontro
cui partecipa anche il sottosegretario alle Comunicazioni, Paolo
Romani. Quest’ultimo illustra il programma del governo per
ridurre il divario digitale tra Nord e Sud. ‘Si può valutare –
propone Romani – il coinvolgimento industriale di Alcatel-Lucent,
considerando l’eccellenza rappresentata dagli stabilimenti di
Battipaglia’. Il sottosegretario lancia un segnale preciso”,
sottolinea Segantini. “Poiché finora gli 800 milioni del
programma non sono stati approvati dal Cipe, il caso Battipaglia è
un pungolo verso l’azienda perché aumenti le concessioni
sindacali e verso il governo perché approvi in fretta il
finanziamento per la banda larga. Dal quale anche Alcatel-Lucent
trarrebbe benefici in termini di commesse di lavoro”.
Chiarisce Segantini: “Dal punto di vista aziendale, Battipaglia
è un tassellino del piano varato da Ben Verwaayen. Il manager
olandese, che 12 mesi fa ha preso il timone di Alcatel-Lucent, si
è dato l’obiettivo di tagliare due miliardi di costi nei 130
Paesi in cui opera l’azienda. Ma il programma è molto più
ambizioso”. Verwaayen è chiamato infatti da un lato ad
affrontare le divisioni interne alla società fusa nel novembre
2006, dall’altro il “disorientamento strategico che impediva
all’azienda di tener testa ai cambiamenti del mercato e di
sfruttare appieno la sua formidabile potenza tecnologica”. Il
manager ha “rimescolato profondamente l’organizzazione e
avviato un piano strategico che valorizza i punti di forza
tecnologici rispetto ai concorrenti. Uno di questi è proprio
l’ottica, da sempre la specialità di Alcatel Italia. Come
effetto di questa scelta strategica, la quota di ricerca dedicata
ai prodotti ‘ad alta crescita’ è salita dal 52 al 67% di un
budget di 2,5 miliardi su un fatturato 2008 di 17 miliardi. Il
motore dell’innovazione – di cui fanno parte i mitici Bell Labs
con 26 mila brevetti attivi, di cui 2.700 nel solo 2008 – ha
ripreso a girare a pieno ritmo”. In questo modo l’azienda è
riuscita a produrre un risultato netto di 56 milioni nel secondo
trimestre 2009 contro gli 1,1 miliardi di perdita del 2008 e a
brillare in Borsa (+90% dall’inizio dell’anno).
“L’Italia partecipa allo sforzo della casa madre con i 700
super-tecnici della divisione ottica”, continua Segantini, “il
cui ruolo strategico è stato esaltato da Verwaayen fin dal suo
insediamento in rue de la Boétie. Non a caso la sede di Vimercate
(Milano) è stata la prima tappa del tour del guru tecnologico di
Alcatel-Lucent Win Sweidens”, che ha detto che “il futuro è
nelle applicazioni, meglio se personalizzate; e ha fatto capire che
Parigi non si fermerà, né a Eboli né a Battipaglia né
altrove”.