"Dalla catastrofe che ha colpito il Giappone ci viene una
lezione irrinunciabile: superare subito ogni polemica e avviare una
riflessione sull’uso delle poche risorse intellettuali e
economiche disponibili, per la reale protezione delle
infrastrutture critiche dalle calamità naturali". A lanciare
il monito è Sandro Bologna, presidente dell’Aiic, associazione
che riunisce gli esperti di infrastrutture critiche, pubbliche e
private, del nostro Paese.
Bologna ricorda che "la direttiva Ue (2008/114/CE) definisce
tra l’altro le modalità di analisi della sicurezza delle
infrastrutture critiche europee e le relative prescrizioni minime
di protezione dalle minacce di origine umana, accidentale e
volontaria, tecnologica e dalle catastrofi naturali".
Se si vuole veramente tenere fede allo spirito della direttiva
precisa Bologna, "il passaggio più importante è l’analisi
dei rischi, definita come la valutazione della vulnerabilità di
una infrastruttura critica rispetto alle diverse possibili minacce
e prevedibili conseguenze del danneggiamento o distruzione della
stessa, in termini di effetti negativi esterni e intrinseci. Tale
attività comporta una catalogazione di tutte le possibili minacce
e prevedibili conseguenze, tutte le minacce, siano di origine
umana, accidentale e volontaria, tecnologica o catastrofi
naturali".
Analizzando gli eventi che hanno colpito l’Europa nell’ultimo
decennio, Bologna ha sottolineato che emergono i seguenti casi più
rilevanti in base alla loro origine: umana volontaria: attentati
terroristici alla stazione ferroviaria Atocha di Madrid (11 marzo
2004) e alla metrò di Londra (7 luglio 2005); umana e
tecnologica: attacco informatico ai sistemi della Repubblica di
Estonia (2007); umana accidentale: black-out italo-svizzero (28
settembre 2003) e black-out pan-europeo (5 novembre 2006);
catastrofi naturali: allagamento di Dresda (17 agosto 2002),
allagamento di vaste regioni inglesi (26 giugno 2007), bufera di
vento nel sud della Svezia (dicembre 2007), terremoto dell’Aquila
(6 aprile 2009), eruzione del vulcano Eyjafjallajökull (primavera
2010).
"Anche facendo una valutazione delle conseguenze economiche,
c’è un sostanziale equilibrio nelle minacce che vanno a
concorrere negativamente con un impatto significativo sul
mantenimento delle funzioni vitali della società ha sottolineato
il presidente Aiic -Gran parte delle risorse intellettuali e
economiche spese per la protezione delle infrastrutture critiche è
rivolta soprattutto all’analisi delle possibili minacce di
origine umana, accidentale e volontaria, e tecnologica. Mentre
minore attenzione è rivolta alle minacce tipo catastrofi
naturali".
È da qualche tempo rileva ancora Bologna "che gran parte
delle risorse intellettuali che operano nel settore della
protezione infrastrutture critiche si avvale del motto “all
hazards”. Servirebbe, perciò, dedicarsi coerentemente a tutte le
minacce, così come identificate nella Direttiva UE
2008/114/CE".
"Questo, ovviamente, non significa evitare le catastrofi
naturali – conclude – ma semplicemente valutare la vulnerabilità
di una infrastruttura critica rispetto alle diverse possibili
catastrofi naturali, e le prevedibili conseguenze del
danneggiamento o distruzione della stessa, con particolare
attenzione anche ai possibili effetti".