STRATEGIE

Internet delle cose, un mercato da 613 miliardi di $

Le stime di una ricerca Cisco che per il futuro si attende un boom di applicazioni ad hoc. Paolo Campoli: “Le telco si dovranno adeguare o finiranno fuori gioco”

Pubblicato il 10 Lug 2013

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Porre le basi per la “terza fase” di internet, caratterizzata da nuove modalità d’interazione digitale e nuovi modi per gestire l’impresa e le sue relazioni. Così Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco, ha sintetizzato l’impegno sul tema dell’internet of everything (IoE), anche nota come internet delle cose, che promette per il prossimo futuro di rendere la rete ancora più significativa di quanto non lo sia oggi per business aziendale e il tempo libero. Secondo la ricerca “IoE Value Index” realizzata dalla stessa Cisco, l’Internet delle cose permetterà quest’anno alle aziende del settore privato di realizzare maggiori profitti per 613 miliardi di dollari a livello mondiale.

In Paesi europei comparabili con l’Italia, come la Francia o l’Inghilterra, questo si tradurrà in un vantaggio di circa 30 miliardi di dollari per settori chiave dell’economia quali, per esempio, il settore manifatturiero, grazie all’opportunità data dall’IoE di migliorare i processi chiave nell’ambito della supply chain, della logistica e dell’organizzazione del lavoro. Altri settori che beneficeranno maggiormente dell’IoE, secondo l’indagine, saranno l’ambito finanziario e retail.

Mentre le stime prevedono che i 10 miliardi di oggetti oggi connessi alla rete possano diventare 50 miliardi già entro il 2020, Cisco si sta attrezzando per poter giocare un ruolo centrale nella domanda di soluzioni e trasformazione che l’IoE indurrà a livello delle reti d’impresa e dei fornitori di servizi. “Per noi significa lavorare di più con i partner per sfruttare il più possibile le opportunità – precisa Santoni –; significa cambiare al nostro interno per valorizzare le competenze disponibili”..

Questo a fianco di soluzioni tecniche in grado di rendere l’infrastruttura di rete più consapevole del lavoro che sta svolgendo e quindi in grado di auto-configurarsi, auto-ripararsi, ottimizzarsi e quindi di essere programmata, come accade con altri sistemi. Lo sfiluppo dell’Internet delle cose ha insomma bisogno di reti più intelligenti, secondo i concetti che Cisco sta sviluppando da qualche tempo con le soluzioni per l’Open Network Environment, in cui il software (e non il cablaggio) definiscono in modo flessibile e dinamico il funzionamento dell’infrastruttura. Con il distributore Computer Gross, Cisco ha creato Bizmall, un marketplace in cui trovare soluzioni certificate realizzate da terze parti, sviluppatori e cloud provider. Cisco ha inoltre creato al proprio interno un te team di figure commerciali e ingegneristiche “Solution Led” alla ricerca di soluzioni, startup e persone per affrontare le nuove esigenze che emergono dal mercato. Per Flavio Bonomi, Cisco fellow e vice presidente per la ricerca, l’internet delle cose si presta ad applicazioni che avranno impatto sulla vita di tutti e di tutti i giorni.

“L’intelligenza nelle infrastrutture catalizzerà trasformazioni nel mercato della sicurezza e della mobilità – spiega -. Ci saranno nuovi modi di gestire la comunicazione e la collaborazione, mentre sensori in macchine utensili, aerei, auto, semafori, strade renderanno possibile aumentare l’efficienza dei processi e dei trasporti”. Bonomi parla di “Fog computing” per definire l’intelligenza distribuita che permetterà in futuro di avere applicazioni in grado di evitarci la ricerca di un parcheggio, ridurre gli sprechi d’energia, migliorare manifattura e trasporti”. Affinché le reti possano supportare gli sviluppi dell’IoE serviranno investimenti importanti. Per Paolo Campoli, CTO di Cisco e responsabile per i service provider, gli operatori telco dovranno adattarsi, “superando le suddivisioni organizzative a silo per servizi. Senza cambiare subiranno la concorrenza degli OTT o finiranno fuori mercato”. Per quanto riguarda la creazione di reti intelligenti, capaci di gestire il traffico dell’IoE, Campoli è categorico: “Ci vorrà la fibra, ma anche investimenti che non potranno essere affrontati dagli operatori, senza interventi da parte pubblica”.

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