Nel IX Internet Governance Forum delle Nazioni Unite (Igf 2014), svoltosi a Istanbul, governi, autorità, imprese, organizzazioni ed esperti si sono riuniti per approfondire le grandi sfide della rete. Ne cito tre. I diritti umani e loro applicazione ad Internet. L’Icann e la transizione verso un modello di gestione aperta. Il multi-stakeholder system e la distribuzione dei ruoli. Quali le lezioni da trarre? A mio avviso, cinque.
Prima lezione: la rete ha bisogno di regole. Si può richiamare quanto scrissero otto anni fa Jack Goldsmith e Tim Wu nel libro “Who controls the Internet? Illusions of a Borderless World”: lo Stato esercita la propria sovranità, anche in una rete aperta come Internet, perché esercita i propri poteri sulle infrastrutture. Le regole ci vogliono. L’importante è che siano conformi a princìpi comuni, e che rispettino le libertà fondamentali.
Seconda lezione: il necessario intervento dei regolatori. Su invito di Telecom Italia, ho parlato della “geometria variabile”, sostenendo che le autorità indipendenti devono intervenire nella multi-stakeholder governance. Non per “dare lezioni”, ma per rendere effettivo tale modello. Attraverso le forme di partecipazione estesa, tipiche dei regolatori, si possono introdurre regole specifiche, monitorarle e poi eventualmente correggerle. Un esempio? Il regolamento Agcom sul diritto d’autore.
Terza lezione: servono le infrastrutture. Prima di parlare di evoluzione, servizi avanzati, ecc., occorre assicurare l’accesso alla rete. In molte parti del pianeta la banda larga è ancora un miraggio. Se non si consolida la base, non c’è progresso.
Quarta lezione: l’Italia deve partecipare attivamente. Prestando al tema un’attenzione costante e non limitata all’Igf. Soprattutto in un periodo vivo come questo, come testimonia la fondamentale iniziativa della NETMundial brasiliana. Anche in riferimento all’Icann, la rescissione del legame con la Ntia è un’occasione storica per ridefinire una governance multilaterale, nonché per rappresentare i giusti interessi sui nuovi nomi a dominio.
Quinta lezione: non bisogna irrigidirsi. Le regole o l’intervento dei regolatori non devono essere letti come un controllo dirigistico o censorio: al contrario, ci vuole un approccio di tipo bottom-up, e non top-down. In termini giuridici, si tratta di definire princìpi flessibili, che trovino una radice comune e condivisa a livello globale, ma siano poi applicati secondo le specificità di ciascuna zona. Del resto, la rete è unica e necessita di coordinate comuni, ma è anche plurale e fatta di realtà differenti. Ricordiamo la storia. Ci basiamo ancora sul fondamentale protocollo Tcp/IP creato nel 1974 dall’intelletto di Vincent Cerf e Bob Kahn, che ha permesso un’evoluzione straordinaria proprio partendo da una base comune. Facciamo in modo che la base comune conviva, in maniera realistica, con le differenze locali. Senza infrangere l’unità di Internet, potremo introdurre regole e princìpi utili: non certo per soffocarla, ma per contribuire alla sua stessa conservazione. Per lo sviluppo e i benefici dei cittadini.