Faro della Commissione Europea su Apple, per verificare se l’azienda di Cupertino stia facendo ricorso a pratiche anti concorrenziali e restrizioni tecniche per spingere le vendite dell’iPhone ai danni dei competitor. Lo scrive il Financial Times, precisando che l’indagine Ue, che è in fase preliminare, arriva dopo che la società guidata da Tim Cook è finita nel mirino del Congresso Usa per pratiche fiscali poco trasparenti.
Nel dettaglio, l’indagine dell’Ue nasce da un questionario inviato la settimana scorsa agli operatori mobili per analizzare i termini dei contratti di distribuzione siglati con Apple e per chiarire se questi accordi siano basati su clausole di vendita restrittive nei confronti dei competitor.
Per ora l’indagine è in fase embrionale. Prima di aprire un procedimento formale, sarà necessario provare che Apple goda effettivamente di una posizione dominante nel mercato della vendita di smartphone dell’Ue, una tesi difficile da provare in maniera evidente, visto l’emergere di popolarità del Samsung Galaxy che domina le classifiche di vendite.
Dal canto suo, Apple sostiene che i termini di vendita applicati per i suoi prodotti sono in linea con le leggi dell’Ue.
Il questionario di nove pagine distribuito dalla Commissione agli operatori chiede se nei contratti Apple costringa o meno ad acquistare un numero minimo di iPhone, imponga restrizioni sull’uso dei budget di marketing e clausole per accertarsi che non vengano concessi termini di vendita peggiori rispetto ad altri produttori. Nel questionario si chiede anche se Apple imponga delle restrizioni tecniche o contrattuali sulll’iPhone 5.
“La Commissione ha informazioni che indicano che Apple e gli operatori mobili hanno chiuso accordi di distribuzione che potrebbero potenzialmente spingere” all’esclusione di altri produttori dal mercato, si legge nel questionario. “Ci sono inoltre indicazioni di alcune funzioni tecniche disabilitate su certi prodotti Apple in alcuni paesi dell’Europa. Se l’esistenza di questo comportamento fosse confermata, potrebbe rappresentare una violazione della legge antitrust”.