L'INTERVISTA

Kroes: “Niente scuse, il single market si farà”

Il commissario alla Digital Agenda esorta i governi a prestare più attenzione al digitale e ad accelerare sull’attuazione delle iniziative in campo per favorire la ripresa economica. E alle telco dice: basta con le vacche da mungere, il roaming va tagliato

Pubblicato il 14 Ott 2013

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«Il mio obiettivo è semplice e chiaro: fare entrare tutti gli europei nell’era digitale». Non molla Neelie Kroes, il commissario Ue alla Digital Agenda e vice presidente della Commissione Ue. Non molla nonostante la crisi, nonostante le difficoltà degli operatori di Tlc, nonostante i consumi in calo. E anzi ribadisce per l’ennesima volta l’enorme valore del digitale in quanto volano dell’economia tutta. “Un “continente connesso” sarebbe ben più prospero: si calcola che potremmo contare su 110 miliardi di euro in più all’anno. Non possiamo permetterci di chiudere le porte a tale prospettiva. Se si perde terreno nel settore digitale neanche gli altri settori economici saranno in grado di essere competitivi”

Vice presidente Kroes, a fine ottobre ci sarà il primo Consiglio Ue della storia dedicato al digitale. Un importante passo in avanti. Cosa dobbiamo attenderci?

L’aspetto più importante è l’impegno dei leader nazionali. Hanno riconosciuto l’importanza del settore digitale, cui abbiamo oggi l’opportunità di dedicare un’attenzione e un sostegno reale nell’interesse della nostra economia. Non si discuterà solo delle nostre proposte in materia di telecomunicazioni, e il Consiglio non riguarderà solo le competenze dei ministri delle telecomunicazioni. Si tratta invece di assicurare che l’Europa intera non rimanga indietro. Come ha osservato recentemente il ministro tedesco delle finanze, Internet ha cambiato la Germania più della caduta del muro di Berlino. È dunque appropriato che primi ministri e presidenti prestino attenzione a questa rivoluzione. Mi auguro dunque di assistere a un accordo estremamente particolareggiato su come si possa sostenere e produrre al meglio la crescita digitale. I campi su cui intervenire sono i più disparati, dal mercato unico digitale alla promozione dell’innovazione, fino all’abbattimento delle barriere che gravano sul settore delle telecomunicazioni.

A che punto è l’Europa con la roadmap dell’Agenda digitale?

L’Agenda digitale Ue punta a ricavare il massimo dalla nostra economia digitale. E ci stiamo arrivando. Grazie ai miglioramenti della tecnologia satellitare siamo ormai vicini al traguardo del 100% dei cittadini coperti dalla banda larga di base – in anticipo sulla tabella di marcia (l’obiettivo era infatti previsto per il dicembre 2013). Ciò è molto importante: tutti gli altri benefici del digitale si basano infatti sul presupposto di reti di buona qualità e di un ampio accesso alle stesse. L’anno scorso abbiamo inoltre individuato alcuni settori chiave su cui concentrarci: il cloud computing, per fornire un nuovo strumento flessibile a imprese, cittadini e governi; la sicurezza delle reti e dell’informazione, per garantire un ambiente online affidabile e sicuro; una grande alleanza per costruire le competenze digitali dell’Europa, in modo da potere soddisfare le future necessità del mercato del lavoro. Nel frattempo abbiamo continuato a tagliare le tariffe roaming e provveduto ad “aprire” le nostre amministrazioni in modo che possano approfittare dei benefici della strategia basata sugli open data. Tutto il nostro impegno è dedicato alla crescita, all’equità e alla leadership: ciascun europeo deve potere beneficiare delle opportunità digitali del futuro in un continente connesso. Forse non raggiungeremo tutti gli obiettivi, ma ne raggiungeremo certo la maggior parte, compiendo grandi progressi negli altri.

E l’Italia come è messa?

La stragrande maggioranza delle abitazioni italiane (il 98,4%) dispone ormai di una copertura a banda larga (di base), mentre appena il 14% è coperta dalla nuova generazione di reti veloci che viaggiano a 30Mbps o più. Questo pone l’Italia all’ultimo posto nella Ue. E ben il 37% dei cittadini adulti non ha mai usato Internet nella propria vita. Le implicazioni economiche di questi ritardi sono preoccupanti. Le più aggiornate tecnologie digitali possono stimolare l’innovazione e la produttività in quasi tutti i settori; da quello delle alte tecnologie a quello sanitario, dai trasporti al turismo. Ma nuovi strumenti come il cloud, il video video-on-demand e i servizi di e-health richiedono banda larga veloce, affidabile e diffusa in maniera capillare. Un aumento di 10 punti percentuali del tasso di penetrazione della banda larga si traduce in impulsi per la crescita pari all’1%-1,5% del Pil; e presto per il 90% dei posti di lavoro potrebbe essere richiesto un qualche livello di conoscenze digitali. Perdere il treno degli strumenti digitali oggi significa perdere un mondo di opportunità, e soprattutto significa perdere il treno della crescita economica e sociale.

La proposta sul Single Telecom Market rappresenta una rivoluzione nel tentativo di abbattere le barriere fra i Paesi. Ma è stata anche molto criticata soprattutto riguardo ai tagli delle tariffe di roaming. Crede che le misure in campo siano realmente in grado di conciliare gli interessi degli operatori con quelli dei consumatori? Non c’è il rischio che le telco europee, già in difficoltà, possano aggravare la loro situazione?

Si tratta di un pacchetto di misure equilibrato: puntiamo a rafforzare il settore delle telecomunicazioni per un’economia forte. Abbiamo inoltre introdotto misure specifiche per migliorare gli investimenti – ad esempio garantendo la certezza e la stabilità necessarie per prendere decisioni a lungo termine. I dati dimostrano che queste misure sono positive per il settore nonché per un continente connesso e competitivo. Ovviamente alcuni operatori rimarcano che non dobbiamo eliminare le tariffe di roaming in Europa; non vogliono infatti certo rinunciare a tale “vacca da mungere”, anche se tutti concordano sul fatto che i proventi sono comunque ormai agli sgoccioli. Ma sono assolutamente irremovibile sul fatto che i costi di roaming debbano scomparire. Come dicevo, i proventi che garantiscono rappresentano ormai solo una minima parte delle entrate degli operatori, che dipendono da molti altri fattori. È assurdo pensare di tenere in piedi tale sistema in un mercato unico credibile. È ora che le società di telecomunicazioni si concentrino sulle opportunità future e non sulle tariffe esorbitanti del passato.

Si parla molto di un’Europa delle Tlc destinata al consolidamento: qualcuno ritiene che regole troppo stringenti abbiano determinato la frammentazione del mercato, laddove negli Usa la deregulation avrebbe favorito l’affermazione di “campioni nazionali”. E ora ci troviamo esposti alle mire dei colossi mondiali. AT&T e America Movil fra le telco extra-Ue interessate a fare shopping nel Vecchio Continente. Cosa ne pensa?

Vorrei essere chiara. In Europa dobbiamo partire dalla frammentazione: non sarà facile da smantellare. Le norme a livello Ue non sono certo il motivo per cui in Europa abbiamo mercati nazionali e soggetti nazionali. Li abbiamo a causa della storia del settore Tlc, inizialmente caratterizzato da società telefoniche statali. Successivamente i governi nazionali hanno liberalizzato il settore con l’aiuto dell’Europa, ed è da allora che cerchiamo di abbattere le barriere. Ciò che ha consentito agli operatori negli Stati Uniti di affermarsi è la loro dimensione, nonché il fatto che vendono i propri servizi in un mercato unico. È quello che manca in Europa: ecco perché dobbiamo fare in modo che per le imprese sia più semplice espandersi all’interno dell’Europa travalicando le frontiere. Riguardo ai piccoli operatori già oggi rischiano di essere assorbiti – e questo non ha nulla a che fare con la normativa Ue. Ma dando loro la possibilità di espandersi o formare alleanze avranno la possibilità di moltiplicare i propri utili e con essi le possibilità di investimento. Gli operatori che sfrutteranno tali opportunità saranno meno vulnerabili. In ultima analisi, sarà il mercato a decidere come si svilupperà il settore. Non ho intenzione di dover fare ipotesi su questo o quell’accordo commerciale. Qualsiasi cambiamento dovesse intervenire le condizioni di concorrenzialità continueranno comunque ad essere garantite. La politica della concorrenza non cambia e continuerà a offrire garanzie contro qualsiasi consolidamento potenzialmente dannoso per il consumatore.

Secondo lei una delle chiavi per stimolare gli investimenti nelle nuove reti è mantenere stabili le tariffe Ull. L’Agcom l’estate scorsa ha presentato una proposta di revisione del listino 2013 che la Commissione Ue non ha apprezzato, al punto da avviare la cosiddetta Fase II, il processo di dialogo a tre, insieme con il Berec, per venire a una proposta alternativa. Qual è la sua opinione sulla faccenda?

La recente proposta di Agcom sui prezzi per il 2013 contraddice l’annuncio di ottobre 2012 della stessa Authority, secondo cui i nuovi prezzi sarebbero risultati dalla nuova analisi di mercato. Nel prendere una strada diversa Agcom mette a rischio la certezza per tutti gli operatori di mercato. Questa è la vera questione in ballo, non se i prezzi debbano essere rialzati o abbassati. E questo è il motivo per cui in questo caso la Commissione ha invocato il meccanismo di revisione nei confronti dell’Italia. Noi puntiamo a una normativa trasparente, che offra condizioni prevedibili e stabili per tutti gli operatori. Si tratta un prerequisito per gli investimenti. La nuova Raccomandazione della Commissione Ue fornisce agli organismi europei di regolamentazione norme integrate e chiare che favoriscono la concorrenza e garantiranno prezzi stabili almeno fino al 2020. Per quanto riguarda i prezzi di accesso, la Raccomandazione punta a stabilizzare i prezzi per le “vecchie” reti di rame e a garantire prezzi uniformi di accesso alla banda larga per tutti gli Stati membri. Apprezziamo il contributo dell’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche, il Berec. Ma in ultima analisi esso non fornisce argomentazioni aggiuntive, e quindi ci attendono numerose interessanti discussioni.

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