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La Cdp sale al 46,2% in F2i Reti Tlc: subito 200 milioni per la Ngn

Il Fondo strategico controllato dalla Cdp ha deliberato un aumento di capitale per finanziare i progetti di Metroweb. Oggi anche il Cda di Telecom Italia sulle nuove reti. Ma resta da sciogliere il problema della duplicazione delle risorse. Asati scrive al governo e agli Ad delle aziende: “Bisogna puntare sulle sinergie”

Pubblicato il 28 Mag 2012

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Il Fondo strategico italiano, controllato dalla Cassa depositi e prestiti salirà al 46,2% in Reti Tlc – la holding controllata da F2i, a cui fa capo il 61,4% di Metroweb – a seguito di un aumento di capitale da 200 milioni di euro (F2i resta il socio di maggioranza). Lo ha annunciato l’ad di Cdp, e presidente di Fsi Giovanni Gorno Tempini, in occasione del Cda odierno durante il quale è anche stato deciso un investimento per un miliardo di euro di cui fino a 500 milioni da destinare a Metroweb (200 milioni subito e i restanti attraverso un’opzione per un ulteriore investimento) attraverso F2i Reti Tlc, controllata da F2i in quota con l’87,5% e partecipata da Banca Imi (al 12,5%), Fastweb (11,2%), A2a (25,7%) e dai manager (1,7%).

“La struttura dell’operazione, esclusivamente in aumenti di capitale – ha spiegato l’Ad di Fsi, Maurizio Tamagnini – dota l’azienda di nuove risorse per finanziare il piano di sviluppo”. I 200 milioni sarannno investiti appena saranno ottenute le necessarie approvazioni. “L’investimento intende fornire una rete infrastrutturale a più alta velocità per le aree a maggiori densità nelle maggiori città italiane”. “L’aumento di capitale verrà utilizzato per finanziare il piano di sviluppo, focalizzato a replicare il business model di Metroweb in altre città italiane”.

Temprini ha puntualizzato che l’iniziativa “va vista il più complementare e sinergica possibile con Telecom Italia. Voglio ribadire che si ritiene che il nostro investimento possa aiutare lo sviluppo di un’azienda storica nella fibra. L’intendimento è lavorare il più sinergicamente possibile con Telecom Italia per una infastruttura importante e strategica per lo sviluppo del Paese”.

La questione “reti” è stata oggetto anche dell’odierno Consiglio di amministrazione di Telecom Italia a Torino anche se l’azienda al momento in cui si scrive non ha rivelato i dettagli emersi in occasione dell’incontro.

E’ sulla strategia Paese che si aprono gli interrogativi più importanti, come anticipato dal Corriere delle Comunicazioni in un editoriale dello scorso 21 maggio: il progetto Metroweb e quello Telecom marceranno separati? Dunque l’Italia si prepara a realizzare più di un’infrastruttura Ngn? E perché Cdp ha deciso di “investire” in un piano il cui ritorno degli investimenti è stimato in 27 anni mentre quello di Telecom Italia in otto anni? E dove saranno reperite le ulteriori risorse visto che il “tesoretto” da 500 milioni (di cui 300 opzionali) vale poca cosa?

Il tema della duplicazione delle infrastrutture è una delle questioni più spinose da affrontare per il Paese e il dibattito tiene banco ormai da anni. Sulla necessità di evitare sprechi di risorse e di convogliare le stesse in un progetto unitario che possa spingere gli investimenti da parte di tutti gli attori in campo, Telecom Italia in primis, si sono espressi a più riprese il mondo della istituzioni e i regolatori. E la stessa Commissione Ue sta spingendo in direzione della cooperazione. Un progetto condiviso consentirebbe inoltre di convogliare risorse pubbliche nelle aree a fallimento di mercato . I 500 milioni annunciati sono poca cosa rispetto ai 4,5 miliardi indicati dal presidente della Cdp Franco Bassanini in audizione alla Camera per cablare le principali 30 città italiane di qui al 2020 consentendo collegamenti a 100 Mb.

Telecom Italia da parte sua si preparerebbe a mettere sul piatto 2 miliardi di euro (di cui 500 milioni nei prossimi due anni) per portare Internet a 100 Mb al 70% dei propri clienti in 100 città per poi mettere a segno il target delle 215 città entro il 2020. Il piano fa capo al progetto triennale da 9 miliardi che punta a riconvertire gli armadietti ai piedi degli edifici dotandoli della fibra. Il tutto a fronte di un investimento di 170 euro per cliente a fronte degli 800 stimati per realizzare il piano di Metroweb il cui ritorno degli investimenti è calcolato appunto in 26 anni mentre quello di Telecom in 8 anni.

In attesa dei dettagli l’Asati, l’associazione che rappresenta i piccoli azionisti di Telecom Italia, ha inviato oggi una lettera al governo, al presidente della Cdp Franco Bassanini, all’AD del fondo 2i Vito Gamberale, all’AD di Metroweb Trondoli, nonché al Cda di Telecom Italia, per accendere i riflettori sul rischio derivante dalla “dispersione di risorse”.

“Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una serie di dibattiti e articoli, sul tema della banda larga nell’ambito dell’Agenda Digitale, che prevederebbero investimenti pubblici diretti e incentivi agli operatori. In questo quadro tenuto conto della situazione economica del Paese con questa nostra lettera aperta a tutti gli attori Istituzionali e privati interessati abbiamo voluto porre un accento forte a percorrere l’unica strada che consentirebbe di non disperdere le modeste risorse finanziarie del paese e invece di realizzare sinergie nella costruzione di una rete unica”. “Tutti gli esperti del settore sanno che non ha senso una duplicazione della rete di accesso e sarebbe uno spreco di risorse, di cui pagherebbe solo la comunità e che la concorrenza ha senso nei servizi e nei contenuti ma no nel trasporto, per cui con la presente abbiamo voluto invitare il Governo e quindi lo stato che è il più grande azionista di Cdp con il 70% (e che dovrebbe investire nelle aree a basso Pil ) a far riprendere quelle trattative. A cui inspiegabilmente Cdp e Metroweb non hanno dato seguito dopo la presentazione del progetto da parte di TI a Cdp stessa Tra l’altro facciamo presente che l’andamento del titolo in borsa di TI ha risentito nelle ultime due settimane pesantemente i rumors di queste notizie danneggiando una delle più grandi aziende del paese”.

Intanto il governo continua a studiare il piano per la banda larga che dovrebbe prevedere un doppio binario: investimenti pubblici diretti e incentivi agli operatori. Il modello allo studio è quello scozzese: un contributo erogato ai privati nelle aree in fallimento di mercato per integrare il mancato recupero degli investimenti. Si punta a dare la priorità ai distretti industriali. “Ci saranno gare ad evidenza pubblica – spiega Roberto Sambuco, capo dipartimento del Mise e responsabile del tavolo Infrastrutture della cabina di regia – con opportune modalità per privilegiare i distretti”. Sul piatto ci cono i 650 milioni di fondi Ue (450 per la banda ultralarga e 200 per il digital divide).

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