“E’ una sfida dura essere una telco oggi»: difficile non condividere lo sfogo dell’amico top manager. Magari pensando ai fasti del passato quando imprese di tlc e i gestori italiani primeggiavano a livello mondiale.
Complici crisi e una guerra dei prezzi che fa male a tutti, margini e redditività sono in netto calo. Persino i ricavi stentano a reggere, con conseguenze pesanti sull’intera filiera. Che rappresenta uno dei più importanti sistemi industriali del Paese. Del Paese di oggi, ma anche del Paese del futuro che sull’innovazione basa le proprie speranze di crescita e di lavoro.
Eppure, mai come oggi il sistema delle telecomunicazioni è innervato da potenzialità di prodotti e servizi che guardano oltre l’oggi. Si pensi ad esempio all’indispensabile digitalizzazione del “sistema Italia”: senza adeguate reti e tecnologie tlc fisse e mobili esso è destinato a ripiegare ancor più su se stesso; al traffico dati in mobilità (non parliamo di bit, ma di servizi e di una nuova economia nascente); all’Internet of things che varrà miliardi di oggetti connessi ed in quanto tali “intelligenti”; alle opportunità offerta dall’Ict alla PA per essere finalmente efficiente, efficace e al servizio dei cittadini; alla fruizione dei contenuti (a partire da video e tv) offerti dall’ultrabroadband; all’Italia delle piccole imprese e delle aziende innovative che ha solo da guadagnare dal business in Rete.
Per le telco le potenzialità sono enormi, ma anche i rischi. Altri operatori, agevolati finanziariamente, fiscalmente, per agilità operativa e capacità di innovazione approfittano del boom digitale e delle reti. Telco ridotte a mere fornitrici di tubi dove passano dati e profitti gestiti da Ott e simili? Secondo alcuni è inevitabile. Ma le conseguenze sarebbero gravissime.
In questo quadro, le telco sono chiamate a grandi investimenti e a grandi trasformazioni. Senza certezza. Se non lo fanno, il declino è segnato.
E la politica? Secondo noi deve supportare questa trasformazione piuttosto che ostacolarla con vincoli e regole asfissianti. Ma anche sapendo intervenire se dagli investimenti si passa all’implosione. Non contro o per questo o quello, ma per l’interesse generale. Con uno sguardo non solo italiano, ma soprattutto europeo. La sfida vera non è al di sotto delle Alpi.