La killer app? L’applicazione

A fine anno il giro d’affari sfiorerà i 7 mld di dollari e coinvolgerà tutta la filiera

Pubblicato il 22 Mar 2010

Il 10 luglio del 2008 rimarrà una data storica nel mondo della
telefonia mobile. Due estati fa, infatti, veniva inaugurato l’App
Store, il negozio online di applicazioni per iPod Touch e
soprattutto per iPhone.
Quel giorno iniziava una rivoluzione. Dopo anni, per la prima
volta, un produttore di terminali lanciava il guanto di sfida agli
operatori telefonici che, fino a quel momento, avevano fatto la
voce grossa con (quasi) tutte le manifatturiere. Apple provò a
invertire la rotta non tanto con un telefonino rivoluzionario come
l’iPhone. Ma con un “negozio” che oggi è il vero punto di
forza del cellulare di Cupertino. Senza le quasi 150mila
applicazioni disponibili oggi sull’App Store, infatti, l’iPhone
rischierebbe di essere una splendida scatola vuota.
Il successo delle app della “mela morsicata” – realizzate per
lo più da terze parti che nello shop della Apple hanno trovato una
vetrina internazionale per vendere e promuovere i propri prodotti –
è nei numeri. A gennaio – dopo quindi un anno e mezzo
dell’apertura dell’App Store – i download erano stati circa tre
miliardi e, secondo uno studio di Gartner, nel 2009 il 99,4% delle
app vendute per tutti gli smartphone era per iPhone.

Un primato che vale ancora di più perché si sta parlando di un
mercato in crescita. Sempre secondo Gartner, infatti, oggi il
business delle app mobili vale 4,2 miliardi di dollari. Si salirà
a 6,8 miliardi alla fine di quest’annno e per il 2013 di
dovrebbero sfiorare i 30 miliardi.
Ma non sarà tutto merito di Apple che, con le sue performance nel
settore, ha ingolosito gran parte dei produttori di cellulari e
degli sviluppatori di sistemi operativi per smartphone. Che stanno
tentando di replicare il successo dell’azienda di Steve Jobs con
altri negozi per applicazioni. È questo il caso, per esempio, di
Nokia (Ovi Store), Rim (Blackberry), Android, Palm, Vodafone,
Microsoft (Windows Mobile Marketplace), Samsung ed Lg, solo per
citare i nomi più illustri. In questi negozi ci sono già decine
di migliaia di applicazioni disponibili (anche se alcuni come Lg
non sono ancora arrivati in Italia): sono a pagamento o gratis come
le mappe per la navigazione Gps disponibili sull’Ovi Store, una
mossa di Nokia per contrastare il dominio – finora indiscusso –
della Apple. “La maggiore diffusione degli smartphone sta
rendendo gli application store fondamentali per tutti gli attori
del mercato della telefonia mobile e sono sempre di più gli utenti
che provano l’esperienza del download”, commenta Stephanie
Baghdassarian, research director di Gartner. “I videogiochi –
continua – sono i software più scaricati, ma continuano a crescere
le app di social networking, quelle che permettono acquisti e di
lavorare in mobilità, garantendo al mercato di aumentare non solo
di volume ma anche di valore”.
Un valore che non è determinato solo dalla vendita delle app. Se
infatti i software per smartphone sono sempre più scaricati, la
maggior parte di questi (circa l’80%) è gratis. Il che, però,
non sembra essere un problema per il business: Gartner stima che
nel 2013 il 25% dei soldi generati dagli application store
arriverà dalla pubblicità. “Vendere più smartphone non
significa che ci saranno più app acquistate. Ma al tempo stesso il
mercato potrà crescere con tutte le app finanziate
dall’advertising”, spiega ancora Baghdassarian.
Al modello di business delle app sono poco interessati gli
operatori telefonici che se da una parte perdono un po’ di
controllo sul mercato, dall’altra non possono che beneficiare di
software che per essere scaricati aumentano il traffico dati sulle
loro reti. Ciononostante gli operatori di telecomunicazioni, oltre
che alleati dei produttori (e dei gestori di application store),
vogliono anche essere dei loro competitor. Una delle “prove” è
Plaza Retail, messa a punto dalla californiana Qualcomm. Si tratta
di una piattaforma che raccoglie widget (applicazioni per tutti i
tipi di dispositivi che però non siano proprietarie, cioè non
appartengano per esempio ad Apple o a Nokia) e che permette
all’operatore di crearsi un proprio application store.

L’utente finale – che ha il contratto con il carrier – può
attingere allo store gratuitamente (paga solo il traffico) e il
cassetto delle app non si perde se si cambia cellulare. Ciascun
operatore può decidere quali servizi abilitare, come
personalizzare, cosa offrire e segnalare le novità ai suoi
clienti, mandando messaggi se esce una nuova applicazione, per
esempio potenzialmente interessante in base alle app già scaricate
dal cliente. Plaza Retail è stata già adottata in America Latina
con América Móvil e Tim Brazil.

Al di là di questi casi, però, il futuro degli application store
sembra in mano più a chi produce il sistema operativo dei
cellulari che a coloro che assicurano la connettività. Il motivo
è semplice: le app funzionano bene quando sono pensate per un
terminale specifico e per le sue caratteristiche (dimensioni dello
schermo, interfaccia, presenza del Gps e così via). In questo
Apple non ha rivali: ha un solo cellulare e gli sviluppatori non
devono pensare a tutte le possibili variabili di utilizzo che
comporta un uso su più terminali. È anche per questo che l’iPad
ha la stessa interfaccia del suo fratello minore iPhone: agendo
così Apple ha assicurato alla sua nuova creatura quasi tutte le
app del telefonino.

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