I costi di accesso alle reti in rame dovranno essere fissati in tutti i mercati europei in una fascia che va dagli 8 ai 10 euro entro il 2016. Periodo oltre il quale, se questa condizione non venisse accomodata dai regolatori nazionali, scatterà la diffida di Bruxelles. E’ questo in sintesi il primo elemento chiave dell’attesissima Raccomandazione per spingere gli investimenti nelle Nga – visionata in anteprima assoluta dal Corriere delle Comunicazioni –che la Commissione europea si appresta a licenziare a breve.
Il documento appare inoltre annacquare oltre ogni misura le norme antidiscriminatorie promesse dal commissario all’Agenda Digitale Neelie Kroes agli operatori alternativi (Olo) per garantirne l’accesso alla rete alle stesse modalità degl’incumbent. Lasciando ai regolatori ampio margine di manovra sulla necessità di applicarle. E addirittura riconoscendo esplicitamente che, almeno per quel che riguarda le reti tradizionali, i costi della loro implementazione potrebbero essere troppo sproporzionati rispetto ai benefici in termini di concorrenza.
Il draft della raccomandazione sarà trasmesso nella giornata di domani al Berec, l’organismo europeo che raccoglie i regolatori nazionali, per una prima valutazione. Finalizzato a creare “certezza regolamentare” per incentivare investimenti nella banda larga e ultralarga, il pacchetto della Commissione era stato annunciato nel luglio scorso in una affollata conferenza stampa. La Kroes aveva anticipato in quell’occasione che l’Esecutivo europeo, contrariamente a quanto paventato dagli incumbent sulla scorta di precedenti dichiarazioni della stessa commissaria, avrebbe rinunciato ad intervenire sui prezzi di unbundling, semmai preoccupandosi di assicurarne la loro stabilità.
La bozza, a dire il vero, sembra andare oltre questa promessa. La Commissione prescrive che “i prezzi di accesso alla rete in rame si assestino in tutti i paesi Ue in una forchetta che va dagli 8 ai 10 euro” e tali siano mantenuti “per un periodo di almeno sei anni”. Le implicazioni di questa norma sono enormi. Perché obbligherebbe 10 stati membri ad innalzare i prezzi di unbundling visto che al momento sono inferiori alla soglia minima degli 8 euro. A questi paesi, la Commissione europea raccomanda di applicare una specifica metodologia di costo. Che qualora “entro il 31 dicembre 2016” non portasse ad un allineamento delle tariffe in conformità ai dettami comunitari, attirerebbe la scomunica ufficiale di Bruxelles.
Quanto alle regole di non-discriminazione, in particolare l’”equivalence of inputs” (cioè: pari condizioni di accesso per tutti) la vera sorpresa è che almeno per le reti tradizionali potranno essere ignorate laddove si dimostrino “sproporzionate”. Ossia nel caso in cui, come spiega la Commissione, “i costi della loro implementazione superino i potenziali benefici in termini di concorrenza”. Un’ipotesi che l’esecutivo europeo definisce “ molto probabile”. Spetterà pertanto ai singoli regolatori valutare se tali norme siano “appropriate, proporzionate e giustificate” nel singolo mercato. E qui la Commissione compie un significativo dietrofront rispetto alla dichiarazione di luglio, in cui era stato promesso un dispositivo più costrittivo e fermo per garantire accesso paritario alle reti.
Infine, riguardo le reti di nuova generazione, Bruxelles mantiene l’impegno a promuovere più flessibilità. Laddove i regolatori implementino obblighi di non discriminazione certi, “non dovrebbero mantenere o imporre controlli sui prezzi, inclusi i vincoli per l’orientamento dei prezzi ai costi (cost-orientation)”.
La data d’adozione della Raccomandazione resta ancora avvolta nell’incertezza. Il Berec potrebbe infatti domandarne una modifica. E tuttavia sin da ora appare chiaro che la Commissione europea ha, in questa occasione, scelto di abbracciare su tutta la linea le richieste degl’incumbent. Ragione per la quale sul fronte degli Olo c’è da aspettarsi una reazione al fulmicotone.