L’INTERVENTO

Labriola: “Tlc grande malato, l’unica cura è il consolidamento”



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L’Ad di Tim sul futuro dell’Europa: “Senza ritorni non investiremo in 5G e fibra, e quindi non ci sarà digitalizzazione”. Ma bisogna partire dai mercati nazionali prima di pensare ai champion Ue. E per Tim ci sono solo “due partner ideali: iliad e Poste”

Pubblicato il 19 mar 2025



labriola tim

Non usa mezze parole Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, per descrivere il sempre più precario stato di salute del settore delle tlc: “un malato terminale”, lo ha definito il top manager, la cui sofferenza potrà essere guarita solo con una cura chiamataconsolidamento“.

Labriola ha reso le sue dichiarazioni in un’intervista nel corso dell’evento live di Affari&Finanza organizzato per analizzare il futuro dell’Europa in uno scenario dominato dallo scontro tra gli Stati Uniti di Trump e la Cina di Xi Jinping.

“Prima di consolidare e creare champion europei dobbiamo, però, creare champion nazionali”, ha aggiunto Labriola, facendo l’esempio del gruppo Vodafone, che è “transnazionale, ma la somma di tanti numeri negativi non dà un numero positivo. Il primo punto è quindi il consolidamento nei singoli Paesi”.

“Non stiamo chiedendo la carità a nessuno”, ha aggiunto Labriola, visto che il comparto delle telecomunicazioni “è nevralgico. Se non abbiamo un ritorno nell’investimento non investiremo nelle reti 5G e in fibra, e quindi non ci sarà digitalizzazione dell’Europa. Il problema non sarà quindi di Tim o Orange ma dell’economia europea”.

Tlc, in Europa eccesso di competizione

Il top manager ha ribadito le difficoltà del settore in tutta Europa, dove ci sono 100 operatori con “un eccesso di competizione, derivato dal fatto che l’Europa ha scelto il modello di massimo liberismo”.

“Il problema è che le telecomunicazioni prima erano un silos chiuso in se stesso e ora ci sono ‘enne’ concorrenti appartenenti a tanti mercati, spesso in geografie differenti: quindi o meno regole per tutti, o più regole per tutti, chiedo equità di trattamento“, ha proseguito Labriola.

In questo scenario “tutti provano a sopravvivere sperando che qualcosa cambi, che cambino le regole. E nessuno preme sull’acceleratore” con gli investimenti.

“Nel momento in cui il nostro settore ha un ritorno sull’investimento inferiore al costo del capitale nessuno investe nelle telecomunicazioni. Non è un problema solo italiano è un problema europeo”, ha ribadito Labriola. E se le banche d’affari non trovano convenienza a investire nelle tlc, “io, che sono quotato in Borsa, non riesco a finanziarmi per fare investimenti”.

Consolidamento: Tim guarda a Poste o Iliad

Sul tema del consolidamento che deve partire dal “campione nazionale” prima di pensare a un “campione europeo”, Labriola ha citato Poste Italiane che, dopo essere entrata nel capitale di Tim, “potrebbe accelerare questo processo e porterebbe all’espansione dei servizi al segmento consumer come l’energia”.

“Il consolidamento”, ha spiegato l’Ad, “porterà le aziende a mettere insieme le reti e questo comporterà un’assunzione di costo minore”. Per Tim, ci sono solo “due partner ideali: iliad e Poste, tutti gli incroci che portano a una quota di mercato sopra il 45% sono impraticabili”. Un deal con iliad avrebbe caratteristiche industriali di riduzione delle reti, mentre “con Poste la partnership può accelerare la condivisione della base clienti”.

La strategia in Azerbaijan

Tim non punta, invece, a investire in Azerbaijan, ma ad esportare il suo know how, ha affermato l’Ad rispondendo alle domande sulla strategia dietro le discussioni con l’Agenzia per l’innovazione e lo sviluppo digitale del Ministero dello sviluppo digitale e dei trasporti della Repubblica dell’Azerbaijan.

“Non stiamo dicendo che andiamo ad investire all’estero stiamo dicendo che portiamo delle competenze e delle tecnologie sviluppate in Italia anche in altri paesi. Abbiamo innovato tanto e questa è una modalità per monetizzare investimenti fatti negli ultimi anni“, ha aggiunto Labriola. “Tim non è un’azienda solo di servizi alle famiglie, ma anche alle grandi aziende; sul segmento enterprise abbiamo sviluppato delle tecnologie nostre per le quali abbiamo investito e abbiamo delle piattaforme esistenti: la possibilità di portare a costo marginale queste piattaforme all’estero ci porta ad avere dei ricavi e delle marginalità aggiuntive da reinvestire nelle stesse piattaforme”.

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