Sarà un autunno caldo quello delle Tlc in Italia. I riflettori sono puntati sul dossier Tim, dossier fondamentale non solo perché determinerà il futuro dell’azienda e dei suoi lavoratori ma anche per l’impostazione della strategia nazionale in materia di banda ultralarga. Il governo punta 2,8 miliardi sul nuovo piano di infrastrutturazione nazionale ma i fondi pubblici non bastano. I conti delle telco sono in sofferenza e si rischiano impatti importanti sulle nuove iniziative di investimento nelle città nonché sugli interventi di manutenzione e upgrade delle reti.
La missione “digitale” e il ruolo chiave delle telco
C’è da lavorare dunque per la messa a punto di una più ampia strategia Paese pensata anche e soprattutto in convergenza con la “missione” digitale, quella messa nero su bianco nel Pnrr e che vale diversi punti di Pil potenziali. La burocrazia fa ancora sentire forte il suo peso: ancora troppi ostacoli e ostruzionismi di vario tipo alla posa delle reti. Il Tar del Lazio, tanto per fare un esempio, ha appena annullato il regolamento scavi del Comune di Roma nella parte Tlc, regolamento in contrasto con le norme nazionali e totalmente disallineato rispetto alla necessità di spingere la realizzazione delle nuove reti e a catena di erogare servizi innovativi ai cittadini. Per non parlare poi della questione della mancanza di manodopera che secondo Anie Sit si sta facendo particolarmente critica in alcune regioni e rischia di avere impatti devastanti nella messa a terra dei cantieri ultrabroadband legati al Pnrr.
5G e limiti elettromagnetici, la questione non può finire nel dimenticatoio
Ma c’è un altro dossier determinante dal quale non bisogna distogliere l’attenzione: quello che riguarda la revisione dei limiti elettromagnetici per spingere il 5G. Il provvedimento era già stato preparato e sottoscritto dall’associazione di settore, l’Asstel, e doveva essere licenziato dal Consiglio dei ministri del 7 agosto. Ma così non è andata e la misura è stata stralciata last minute e rimandata a data da destinarsi. Si era vociferato di un Dpcm ad hoc dopo la pausa estiva ma la questione sembra essere più politica che tecnica: se il ministro delle imprese Adolfo Urso è più che favorevole all’adeguamento dei limiti a quelli in vigore nella Ue il Sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti sarebbe più cauto. Fatto sta che del provvedimento finora non c’è traccia e men che meno se ne parla attraverso dichiarazioni ufficiali. Fra il dire e il fare ci sono anche le elezioni europee e c’è da scommettere che il dossier 5G resterà nel cassetto almeno fino a votazioni concluse: la questione è ancora troppo divisiva e i comitati no-5G hanno al momento un peso più rilevante di quello di sindaci e governatori. Un paradosso inaccettabile.
Eppure la partita 5G vale oro in termini di potenziale economico e industriale ed è determinante anche per la chiusura dei gap nelle aree periferiche e quindi per il rilancio di territori rimasti ai margini, in particolare quelli dove portare la fibra non è fattibile da un punto di vista tecnico e della sostenibilità economica. Per non parlare degli use case per il mondo dei trasporti e della mobilità, della sanità e del manifatturiero per citare quelli considerati a più elevato tasso di impatto di crescita. E persino nella partita della lotta al cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale al 5G viene sempre più attribuito un ruolo chiave.
Il 12 dicembre Telco per l’Italia
Il 12 dicembre ci sarà l’edizione di fine anno di Telco per l’Italia in cui faremo come di consueto il punto della situazione con i rappresentanti delle istituzioni e del mercato. Ci auguriamo che a quella data siano state prese decisioni importanti e si sia sbloccata l’impasse sui dossier chiave.