Google ha spiato gli internauti che navigano sul web attraverso Safari, il navigatore di Apple. E’ quanto denuncia oggi il Wall Street Journal, precisando che Google, insieme ad alcune imprese pubblicitarie, ha fatto ricorso a codici di programmazione speciali, nascosti nelle istruzioni di Safari, il browser di navigazione mobile che gira sugli iPhone di Apple, per monitorare e registrare le abitudini di navigazione degli utenti di Apple. "Google ha riconosciuto l’esistenza di un’attività che per noi è illecita, a seguito di contromisure adottate da Apple di impedire l’acquisizione di informazioni", ha commentato il Garante per la Privacy Francesco Pizzetti.
Google ha disattivato i codici dopo essere stato contattato dal Wall Street Journal, sottolinea il quotidiano. In un comunicato inviato alla testata, il gruppo di Mountain View si è difeso dall’accusa di aver violato la vita privata degli internauti: "Questi ‘cookies’ non raccolgono informazioni personali". Da parte sua, un funzionario di Apple ha fatto sapere che Cupertino sta "lavorando per far cessare" questa pratica. Safari è il navigatore internet più usato sui telefoni multifunzione, grazie al successo dell’iPhone.
L’intrusione di Google è stata scoperta da un ricercatore dell’Università di Stanford, Jonathan Mayer, e confermata in modo indipendente da un ingegnere consultato dal Wall Street Journal.
Google utilizzava codici speciali, in grado di aggirare i sistemi di sicurezza di Safari e di penetrare all’interno dei dispositivi degli utenti di Apple per monitorare i loro atteggiamenti di navigazione. Una volta installato, il codice di Google è stato capace di navigare all’interno della maggior parte dei siti navigabili, all’insaputa degli utenti di Apple. Altre tre società sono state colte con le mani nella marmellata a utilizzare un sistema analogo a quello di Google. Si tratta di Vibrant Media, Wpp Plc’s Media Innovation Group Llc e Gannett Co.’s PointRoll.
Fra le aziende finite sotto la lente, Google è quella che ha raggiunto di gran lunga la portata intrusiva maggiore sul fronte pubblicitario. Le sue pubblicità online hanno raggiunto il 93% degli utenti online americani a dicembre, secondo stime di ComScore e Metrix.
La replica di Google
"Il Wall Street Journal ha mal descritto quanto è successo e il perché. Abbiamo utilizzato una funzionalità conosciuta di Safari per offrire agli utenti di Google loggati nel loro account funzioni da loro stessi abilitate. E’ importante sottolineare che questi cookie pubblicitari non raccolgono informazioni personali", replica Rachel Whetstone, Senior Vice President Communications e Public Policy di Google.
"Diversamente da altri importanti browser – continua la nota – il browser Safari di Apple blocca per impostazione predefinita i cookies di terze parti. Tuttavia, Safari abilita per i propri utenti svariate funzioni web che fanno affidamento su terze parti e sui cookies di terze parti, quali i pulsanti "Like". Lo scorso anno, abbiamo cominciato ad usare questa funzionalità per abilitare alcune funzioni (come per esempio la possibilità di fare "+1" su contenuti di interesse dell’utente) per quegli utenti di Safari che erano loggati nel loro account Google e che avevano scelto di vedere pubblicità personalizzate e altri contenuti".
Per abilitare queste funzioni, "abbiamo creato un link temporaneo tra Safari e i server di Google – prosegue Google – in modo da poter verificare se un utente di Safari era anche loggato nel suo account Google e aveva optato per questo tipo di personalizzazione, ma abbiamo sviluppato questo link in modo che le informazioni che passavano tra il browser Safari degli utenti e i server di Google fossero anonime – creando una barriera effettiva tra le loro informazioni personali e il contenuto su cui stavano navigando.
Tuttavia, il browser Safari conteneva altre funzionalità che hanno fatto sì che altri cookies pubblicitari di Google fossero installati nel browser. Non avevamo previsto che potesse succedere e ora abbiamo cominciato a rimuovere questi cookies pubblicitari dai browser Safari. E’ importante sottolineare che, esattamente come con altri browser, questi cookies pubblicitari non raccolgono informazioni personali.
Gli utenti di Internet Explorer, Firefox e Chrome non sono stati interessati, né lo sono stati utenti di qualsiasi browser, incluso Safari, che avevano scelto di fare opt-out dal nostro programma di pubblicità basata sugli interessi utilizzando il nostro strumento di Gestione Preferenze Annunci Pubblicitari."
Pizzetti, pratiche illegittime per i Garanti Ue
“È un episodio dello scontro infinto fra due colossi come Apple e Google”, “un illecito ammesso ob torto collo perché si gioca su un terreno imprenditoriale” che accentua “l’allarme degli utenti rispetto ai tracciamenti nella navigazione”: è questo il parere di Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, in merito al caso sollevato dal Wall Street Journal riguardante un aggiramento delle impostazioni della privacy del browser Safari.
“Il fatto che Google abbia riconosciuto che un tracciamento è avvenuto, anche senza una specifica volontà, è rilevante perchè è comunque un riconoscimento da parte dell’azienda di aver operato raccogliendo dati relativi alle navigazioni sui siti non solo suoi – aggiunge Pizzetti – Inoltre, Google ha riconosciuto l’esistenza di un’attività che per noi è illecita, a seguito di contromisure adottate da Apple di impedire l’acquisizione di informazioni. Ma – si chiede il presidente dell’Authority – Apple lo ha fatto per difendere prerogative imprenditoriali o per difendere la privacy?”.
“È vero che Apple, ad esempio, ha di recente stabilito che non consentirà l’installazione di applicazioni sull’iPad e sull’iPhone che acquisiscono le rubriche degli utenti senza il consenso preventivo degli stessi, presentando questa iniziativa come un innalzamento della tutela della privacy – osserva Pizzetti – Ma per esser sicuri che l’azienda la tuteli davvero dovrebbe garantirci che non solo impedisce il tracciamento dei dati degli utenti, ma che non lo fa lei stessa. Al momento constatiamo che ha preso delle misure per un bug di Safari che ha favorito un’azienda concorrente”.
“Tutto questo – ribadisce Pizzetti – accentua l’allarme degli utenti rispetto ai tracciamenti nella navigazione e rende evidente perché i Garanti Ue siano così fermi nel ritenere che queste pratiche siano illegittime”.