“Oggi l’Italia può contare su un’infrastruttura in grado di
sostenere il traffico in banda larga. La Rete è sufficientemente
robusta anche se ci sono alcuni problemi da risolvere. Ma il vero
problema è lo scarso utilizzo dei servizi, più che una questione
di capacità infrastrutturale. Bisogna risolvere il problema
dell’alfabetizzazione informatica: Internet è utilizzato da
appena il 50% della popolazione. Lo ha detto l’Ad di Telecom
Italia Franco Bernabè al convegno “Italia in rete” organizzato
dal Pd in corso a Roma.
“L’Italia non è affatto indietro né sulle Reti in banda larga
né sulla qualità dei servizi. Piuttosto è indietro
nell’utilizzo di Internet – ha detto Bernabè -. Ed è un
problema insolubile in tempi brevi se non si coordinano risorse
pubbliche e private”.
“Il nostro piano industriale 2009-1011 prevede 6,7 miliardi di
euro di investimento destinati in misura del 40% alla rete di
accesso. E sono oltre 6 miliardi gli investimenti al 2016 per la
Ngn. Stiamo facendo il massimo per assolvere ai fabbisogni futuri
della domanda”.
Riguardo agli impegni su Open Access Bernabè ha affermato che ad
aprile 2009 il 66% degli impegni è già stato realizzato e che si
arriverà al 100% entro aprile 2010.
Quattro nodi da sciogliere, secondo l’Ad di Telecom Italia:
portare la banda larga a quel 3% della popolazione che entro la
fine del 2010 rimarrebbe esclusa dal piano di investimenti;
potenziare i servizi a banda larga nelle località dove attualmente
la velocità di connessione è pari a 1 mega e che rappresentano il
4% delle linee fisse; fare evolvere gli apparati di rete che al
momento precludono dalla banda larga il 5% degli accessi; portare
il broadband mobile al 10% della popolazione che attualmente non è
raggiunto da questa tecnologia.
“Per sciogliere questi quattro nodi – secondo Bernabè – servono
un miliardo e mezzo di investimenti in 3 anni e una quota
prevalente deve ricadere sul pubblico. Per fare le reti Ngn serve
una combinazione di intervento pubblico e di regolamentazione
orientati a promuovere lo sviluppo in considerazione delgi elevati
rischi imprenditoriali”. Sulle condizioni economiche di accesso
alle reti dovrebbe essere rionosciuto un risk premium rispetto al
costo medio ponderato del capitale delle reti in rame.
“Gli impegni su Open Access per noi non sono stati una
passeggiata – ha poi ribadito Bernabè -. Ci sono costati
moltissimo con enormi dacrifici in termini di flessibilità
commerciale. Un impegno che si è già tradotto con la perdita di
quote di mercato a beneficio degli Olo. Quindi ribadisco – ha
concluso – che non è vero che tutto è stato fatto negli interessi
di Telecom Italia”.