Per poter favorire il deployment delle Ngn, il ricorso a forme di
coordinamento pubblico-privato (Ppp) si arricchisce, grazie
all’ennesimo correttivo del project financing, di un interessante
strumento, tutto da interpretare, il “leasing in costruendo”.
Il dl del 13 maggio 2011, n. 70 mira al miglioramento
dell’efficienza e dell’efficacia di uno strumento di Ppp,
ovvero, la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica
utilità (di cui all’art. 160 bis del d.lgs. 163/2006).
Il dl ha rimosso le ultime criticità nell’applicazione di questo
modello di Ppp alle opere cosiddette fredde (ove la tariffa o il
costo di utilizzazione dell’opera da parte dei privati non è
sufficiente a remunerare i costi di realizzazione). In particolare
la novità consiste nella possibilità dell’applicazione della
disciplina del “Promotore additivo” (già dettata per la
finanza di progetto, art. 153 comma 19 d.lgs. 163/2006) anche alle
locazioni finanziarie di cui all’art. 160 bis del Codice dei
contratti pubblici. Questa novità è contenuta in una sintetica
formula utilizzata nell’art. 4 comma 2, lett. q, punto 2, del dl
n. 70/2011 che, sostituendo i commi 19 e 20 dell’art. 153 del
codice dei contratti (Finanza di Progetto) ha introdotto il comma
19 bis del citato articolo 153, il quale recita: “La proposta di
cui al comma 19, primo periodo, può riguardare in alternativa alla
concessione, la locazione finanziaria di cui all’art. 160
bis”.
La norma, che crediamo a lungo affannerà gli operatori del
diritto, ha esteso l’ambito di operatività della disciplina del
promotore additivo anche alla locazione finanziaria di opere
pubbliche o di pubblica utilità. Dunque le operazioni di finanza
di progetto, promosse dai privati nei confronti della PA, potranno
prevedere in alternativa alla concessione dell’opera, la
locazione finanziaria dell’opera stessa. Ma vediamo come
funziona. L’operazione finanziaria sottesa a questa ulteriore
variante di finanza di progetto si dovrebbe comporre di un
finanziamento privato per la realizzazione dell’opera
(equity/debt, leva finanziaria), di un turnkey contract e un
contratto di operation & maintenement dell’opera medesima (la
rete) che viene concessa in leasing alla PA utilizzatrice e dei
servizi connessi (a fronte di un adeguato canone che remuneri sia i
costi di realizzazione che quelli di gestione dell’opera).
Nel ricorso allo strumento il vero punto su cui si soffermeranno
gli operatori economici, riguarderà la disciplina del rapporto
contrattuale di leasing e gli effetti sugli assetti proprietari
successivi alla realizzazione dell’opera. Molteplici sono le
potenzialità del contratto in esame e varie le modalità di
contemperamento degli interessi pubblici e degli interessi privati
(ottenimento dell’equa remunerazione degli investimenti
effettuati e realizzazione dell’opera).
Una delle possibili soluzioni potrebbe essere la distinzione (da
porre a base dell’operazione) tra la proprietà del layer attivo
(active equipments) e la proprietà del layer passivo (cavidotti,
pozzetti, siti, tralicci e fibra spenta), da utilizzare anche per
l’erogazione di altri servizi pubblici a rete. Nell’ipotesi,
posto che la norma di cui all’art. 160 bis del Codice non impone
il diritto di riscatto da parte della PA al termine del leasing,
l’operatore al termine della locazione finanziaria potrebbe
ritenere la proprietà della rete con riferimento al layer attivo,
con il diritto di superficie o la servitù di passaggio dei propri
cavi e lasciare il resto delle opere edili, layer passivo, alla
proprietà pubblica, che la potrebbe concedere, in concessione ad
altri operatori di altri settori.