Lisbona entra con decisione nella querelle tra Telefonioca e
Portugal Telecom per l'acquisto di Vovo. Lo Stato portoghese ha
bloccato l'acquisto di Vivo da parte di Telefonica. Il governo
di Josè Socrates ha esercitato la "golden share"
mettendo il veto alla vendita da parte di Portogal Telecom della
partecipazione nell'operatore brasiliano per 7,5 miliardi,
considerandolo "un attività strategica per il
Portogallo". Un portavoce del gruppo spagnolo ha fatto sapere
che "Telefonica intende muoversi con i propri legali per
contrastare la decisione". E' atteso intanto per iggi il
Cda dell'operatore portoghese.
"L'offerta di Telefonica è stata sconfitta, il governo ha
messo il veto", ha precisato, Jorge Felix, capo del sindacato
dei lavoratori di PT presente alla riunione degli azionisti. Altri
due azionisti dell'operatore, dopo aver confermato la decisione
del governo, hanno aggiunto che l'assemblea aveva accettato la
la cessione con il 74% dei voti a favore e il 26% contro.
La decisione del governo Socrates non è piaciuta al commissario
per l'Agenda Digitale, Neelie Kroes, che si è detta
"contraria all'intervento dei governi in decisioni che
riguardano le imprese".
Con un tentativo in extremis di vincere le resistenze di Portugal
Telecom, Telefonica ieri aveva alzato la posta su Brasilcel, la
holding cui fa capo il 60% di Vivo, a 7,15 miliardi di euro
(l’ultima offerta ammontava a 6,5 miliardi).
La situazione era precipitata lunedì, quando la Consob portoghese,
ovvero la Cmvm, ha bloccato la vendita da parte di Telefonica a
investitori “amici” dell’8% del capitale di Pt che deteneva
in portafoglio, impedendo quindi a questo blocco di azioni di
votare a favore dell’offerta. E gli spagnoli non possono comunque
votare in assemblea, dato l’evidente conflitto di interesse
nell’operazione.
Il governo portoghese, poi, si è dichiarato apertamente contrario
alla cessione della partecipazione brasiliana, fonte di importanti
dividendi, ma soprattutto piattaforma per gli interessi portoghesi
in Brasile e America Latina. Non solo l’asset è stato definito
strategico dal ministro dell’Economia, ma venerdì scorso
l’esecutivo lusitano ha ordinato all’istituto pubblico Caixa
general de depositos che detiene il 7,3% del capitale di Pt di
votare contro l’offerta di Telefonica.
I portoghesi sanno bene che Pt senza Vivo è poca cosa, un
operatore sostanzialmente locale, facile preda di qualsiasi
investitore. Addirittura gli ambienti finanziari spagnoli
ipotizzano che, se l’offerta di Telefonica dovesse fallire, il
presidente Cesar Alierta lascerebbe passare alcuni mesi per far
riprendere forza al titolo Pt, e poi potrebbe lanciare un’Opa
direttamente sull’azienda portoghese (7,4 miliardi di euro di
capitalizzazione di mercato) e raggiungere comunque il suo
obiettivo. Il mercato brasiliano conta troppo, infatti, perché
Telefonica corra il rischio di perdere le potenzialità che si
creerebbero con un pieno controllo di Vivo e una fusione delle
operazioni mobili di quest'ultimo con quelle del suo operatore
fisso Telesp.
Anche Telecom Italia, del resto, ha avuto modo di sottolineare che
il Brasile è “area fondamentale nella strategia di sviluppo del
gruppo”, come ha fatto ieri l’amministratore delegato Franco
Bernabè a margine dell’incontro Brasile-Italia a San Paolo.
“Per le sue caratteristiche geografiche, il Brasile è un mercato
con maggiori potenzialità di crescita nel settore del mobile
rispetto a quello della telefonia fissa”. Ma le manovre di
Telefonica per la conquista di Vivo non toccano il gruppo italiano:
“L’eventualità del controllo degli spagnoli su Vivo non cambia
la nostra strategia”, ha indicato Bernabè: “Tim Brasil, che a
differenza degli altri operatori locali, non corre i rischi legati
alla progressiva sostituzione del fisso col mobile, è pronta a
guidare l’evoluzione tecnologica del Paese in questa direzione,
grazie all’integrazione delle infrastrutture di rete di
Intelig”.