Lo scorporo della rete di accesso di Telecom Italia è un annoso tormentone. Se ne cominciò a parlare sin dal 1997 al momento della privatizzazione. Non se ne fece nulla, ma l’idea rimase sottotraccia. Riemerse col “piano Rovati” nel 2006, fra le polemiche. Quando nell’autunno del 2007 Franco Bernabè tornò alla guida di una Telecom Italia devastata dalla gestione di Tronchetti Provera e spolpata da due successive Opa a debito, si trovò il tema sul tavolo. Rilanciato quindi dal “Piano Caio” che puntava su una rete in fibra abbondantemente finanziata da risorse pubbliche. Tra gli azionisti prevalse l’idea che era meglio non scorporare. Quanto al governo, ci si accorse presto che soldi da destinare alla banda ultralarga ce n’erano pochini.
Adesso il tema è tornato di moda, trainato dalla volontà di alcuni azionisti di controllo di recuperare con la cessione della rete almeno parte dei soldi investiti. I pro non mancano, ma vi sono anche molti contro. Temi controversi, oltre a quelli sociali e industriali, sono la valorizzazione della rete in rame e la governance della futura società.
A decidere sarà la convenienza dell’operazione per gli azionisti di controllo. La scelta in un senso o in un altro avverrà probabilmente il 6 dicembre, data del prossimo cda. A meno che non si rimandi ancora. Su Telecom è infatti arrivata una “bomba” atomica: l’offerta di Sawiris di entrare nel capitale di Telecom Italia.
Contenuto economico, modalità dell’operazione, obiettivi strategici, partnership finanziario-industriali del magnate egiziano sono ancora coperte dal riserbo. La mossa ha però buttato all’aria calendario e ordine del giorno di Telecom. Lo scorporo è passato in secondo piano e la posta in gioco si è fatta più complessa. I soldi di Sawiris potrebbero offrire l’occasione di comprare Gvt e rafforzarsi in Brasile nonostante l’opposizione di Alierta.
Oppure accelerare le scelte verso lo spezzettamento: addio ai sogni di espansione sudamericana, rete separata d’intesa con Cdp e F2i, la vecchia Telecom diventata società di gestione di servizi fissi. Tuttavia, tout se tient. Anche il futuro dell’Italia nelle tlc. Vent’anni fa eravamo all’avanguardia mondiale. Ora rischiamo di finire fuori classifica.