Da tempo, da quando la diffusione del cellulare ha modificato in profondità vite e abitudini, la prima frase di chi risponde al telefono non è più “come stai?”, ma “dove sei?”. Fra un po’, probabilmente, neppure tale domanda sarà più necessaria. Man mano che si assottigliano i confini fra la nostra identità digitale e quella fisica, l’informazione relativa alla posizione geografica, ottenuta attraverso il Gps dello smartphone o del tablet, diventa la precondizione di nuovi rapporti e servizi. Dai social network che propongono offerte speciali sulla base della localizzazione dell’utente alle app che servono per chiamare il taxi o trovare il cinema più vicino, ai navigatori stradali e marini la collocazione nello spazio sostituisce quella temporale come riferimento fondamentale per la creazione di nuovi business, i Location Based Services.
“Le applicazioni basate sulla geolocalizzazione – spiega Patrick Connolly, analista di Abi Research – si prevede che nel 2012 abbiano generato un giro di affari di 4 miliardi di dollari e nel lungo periodo riteniamo che la geolocalizzazione diventerà il cuore dell’advertising in mobilità, un business che, malgrado la relativa giovinezza, è già un mercato da svariati miliardi di dollari”. Una componente fondamentale di questo processo sono le mappe. La cosiddetta “guerra delle mappe”, come è stato battezzato lo scontro fra le grandi corporation (Google, Apple, Nokia e Microsoft) per accaparrarsi il monopolio della fornitura dei dati cartografici su cui poggiano i servizi Lbs, è in atto da tempo, ma è giunta alle orecchie anche dei non addetti ai lavori dopo l’infortunio in cui è incappata Apple lanciando le mappe per il nuovo sistema operativo iOs6.
Il tentativo, parzialmente fallito, di emanciparsi da Google Maps, ha evidenziato le difficoltà di inserirsi nel mercato di nuovi player. “Occorrono un enorme numero di correzioni – sottolinea Connolly – e un sacco di forza lavoro per combinare con successo molteplici fonti di dati geografici, in un prodotto di livello consumer che funzioni. Non basta più avere tutte le strade mappate accuratamente: per attirare nuovi servizi, le mappe devono disporre di un robusto database di luoghi ed edifici, per abilitare la ricerca locale e l’advertising”. Google impiega più di 7.000 persone solo per Maps; Apple qualche centinaio. Il vero rivale di Google più che Apple è Nokia, specie dopo che i finlandesi hanno stretto l’alleanza con Microsoft. “Microsoft è strettamente collegato a Nokia – sottolinea l’analista – al punto che li consideriamo un tutt’uno nelle previsioni future”. L’ultima novità di Nokia è il lancio del proprio software di geolocalizzazione Here anche su piattaforma iOs, con un’app gratuita.
La maggiore minaccia per questi player è Open Street Map (Osm),che si appoggia ai dati generati dagli utenti e sta raggiungendo uno stadio in cui gli sviluppatori di applicazioni ne fanno uso. La “Wikipedia delle mappe” come è chiamata, perché chiunque può contribuirvi, può contare su una comunità di circa 700.000 appassionati che vi si dedicano in tutto il mondo. “La comunità italiana è una delle più attive – racconta Maurizio Napolitano, ricercatore della fondazione Bruno Kessler di Trento e uno dei rappresentanti di Osm in Italia -. Le mappe “libere” sono già un’alternativa percorribile per alcuni importanti player, come Foursquare (che le adopera sul suo sito) e Flickr (che se n’è servita nel corso delle Olimpiadi di Pechino”. Anche grandi attori, come Amazon, che cercano di liberarsi della dipendenza da Google, potrebbero trarne vantaggio, aggirando la nuova politica di Mountain View che richiede ora un compenso monetario per chi supera le 25.000 visualizzazioni giornaliere delle mappe.
La nicchia in cui potrebbe inserirsi un gran numero di startup è quella del mapping degli interni: nei prossimi 5 anni è prevista un’ampia diffusione di questo tipo di mappe per supportare le applicazioni di vendita al dettaglio. Per i software in grado di catalogare e far interagire gli utenti con tutti i negozi presenti in un centro commerciale o in un aeroporto (alcuni scali italiani, come Linate e Malpensa si sono già mossi in questo senso), c’è ampio spazio nel mercato. E un altro fronte interessante è quello della realtà aumentata su cui si basano ad esempio i Google Glasses. “Bisognerà però vedere se questo tipo di app riuscirà davvero a trovare sbocco sul mercato – commenta Napolitano -. Nokia aveva anticipato degli occhiali simili già nel 2009, ma senza che il concept si trasformasse in un progetto spendibile sul piano commerciale”.